La stagione da potenziale Mvp di Nikola Jokic e la prima chiamata all’All Star Game per Nikola Vucevic riportano l’attenzione dei media su un ruolo apparentemente in declino: il centro tecnico e stazzato, di scuola europea, il cui primo, maestoso esempio fu Arvydas Sabonis.
Il “Principe del Baltico” fu antesignano di un tipo di giocatore il cui massimo rappresentante è oggi Jokic, stella dei Denver Nuggets. Sabonis arrivò in Nba nel 1995, nove anni dopo essere stato dai Blazers al Draft del 1986. Lo sgretolamento della cortina di ferro dopo il 1989 aiutò il processo di globalizzazione del gioco della pallacanestro, aprendo le porte della lega ai cestisti dell’Est Europa. Le distanze tecniche e geografiche tra Nba ed Europa diminuirono progressivamente, mentre sempre più atleti europei andavano a giocare oltre oceano.
Nelle sue 7 stagioni Nba, Sabonis fu una stella sia in campo che fuori, e non mancò mai i playoff con i suoi Trail Blazers, nonostante condizioni fisiche precarie. Il lituano non rivoluzionò il gioco della lega, ma divenne il primo giocatore europeo di una caratura tecnica superiore alla media in un ruolo tradizionalmente dominato da atleti afroamericani. Le rivoluzioni nel gioco del basket sono più rare e meno lineari di quanto la narrativa giornalistica ci racconti. Non esistono in questo sport Idi di Marzo, né ghigliottine che taglino gli indissolubili legami con il passato. La straordinarietà di Arvydas Sabonis consiste nell’aver importato in Nba caratteristiche tecniche imprescindibili per tutti i pari ruolo europei che abbiano velleità di successo.

Credit to GettyImages
GLI EREDI DI SABONIS
I fondamentali del centro lituano gli consentivano di fare la differenza in Nba, entrandovi a 31 anni da rookie, con un gravissimo infortunio al tendine d’Achille alle spalle e cronici problemi alle cartilagini. Nel 1995 la medicina non era in grado di aiutare gli atleti in maniera ottimale come al giorno d’oggi. In questo campo si può certamente parlare di rivoluzione cestistica avvenuta tra gli anni ’90 e oggi: i tempi di recupero tra un infortunio e il rientro, il defaticamento e il potenziamento fisico hanno consentito di formare una nuova generazione di cosiddetti “superatleti”. Difficile confrontare la tempra corporea di un Sabonis e quella attuale di Jokic; possiamo però essere certi della superiorità tecnica di tutto ciò che fa da contorno alla vita degli atleti contemporanei, dalle attrezzature alle conoscenze scientifiche fino al personale qualificato.
Nonostante la pletora di svantaggi fisici di Sabonis e i suoi pochi anni nella lega, il gigante baltico riuscì a diventare una leggenda. È stato incluso nella Hall of Fame nel 2011. Si tratta probabilmente del più grande what if della storia della pallacanestro europea, insieme al compianto Drazen Petrovic.
Come parleremmo oggi di Sabonis, se fosse entrato nella lega a 20 anni, come Jokic, se vi fosse entrato con un corpo sano e con i progressi medici e scientifici del 2019?
Non possiamo rispondere a questa domanda, ma possiamo analizzare le caratteristiche fisiche e tecniche che fecero la fortuna di Sabonis e sarebbero diventate imprescindibili per i centri europei successivi.

Sabonis contro Robinson alle Olimpiadi ’92 (credit to: GettyImages)
L’altezza non si insegna, il fisico si allena
Affermazione tanto banale quanto calzante. I lunghi europei non sono mai stati noti per le loro doti atletiche. La scarsa esplosività laterale e verticale sono sempre sembrate un fardello sulle imponenti spalle del centro europeo, a partire da Sabonis fino ai giorni nostri. Vedremo come si declina questa apparente lacuna cestistica nella Nba del 2019. D’altra parte, la dote fisica fondamentale del tipo di giocatore di cui stiamo discutendo è l’altezza. Senza di essa, nessun centro europeo ha fatto strada in NBA.
Ma facciamo alcuni esempi. Sabonis era alto 220 centimetri. Un gigante anche rispetto agli standard americani.
Il suo primo erede di cui tratteremo è attualmente GM ai Kings, è serbo, si chiama Vlade Divac, ed è alto 216 cm. Fumatore accanito al punto di meritarsi il soprannome di “Marlboro man”, Divac ebbe ugualmente una carriera di assoluto rispetto: quindici anni nella lega tra Lakers, Hornets e Kings, con una apparizione all’All Star Game 2001.

Non sfigurare contro O’Neal per taglia fisica è impresa per pochi: Divac è uno di questi (da Youtube)
Meglio di lui in termini di apparizioni nella partita delle stelle ha fatto Zydrunas Ilgauskas, centro lituano dei Cavs prima dell’arrivo di LeBron James e poi suo compagno per diverse stagioni. Nota a margine, Ilgauskas è alto 2,21.
Avvicinandoci all’epoca contemporanea, troviamo Pero Antic, 2,09, considerato undersize per il ruolo, e Nikola Pekovic, 2,11. Infine, arriviamo ai giocatori ancora attivi. Pau Gasol (2,14) potrebbe considerarsi il giocatore europeo di maggior successo nella storia della lega (se guardiamo ai titoli), ma ha giocato per buona parte della carriera da ala grande, motivo per cui sarà compreso solo in maniera marginale nella nostra analisi. Marc Gasol ha sempre occupato lo spot di centro con i suoi 215 cm. La lista potrebbe allungarsi ulteriormente: Jokic 2,13; Nurkic 2,13; Vucevic 2,13; Gortat 2,11.
Le dimensioni sono conditio sine qua non. Centri di questa tipologia, ma più bassi, fanno più fatica in America o non ci sono mai arrivati. Willy Hernangomez e Ante Zizic sono ai limiti delle dimensioni richieste, e faticano a trovare spazio in rotazioni di squadre importanti. Chi è sotto gli standard d’altezza per il ruolo non entra in NBA, anche quando adeguato sotto l’aspetto tecnico: un esempio macroscopico è Bojan Dubljevic, centro di Valencia e connazionale di Vucevic.

Bojan Dubljevic, centro di Valencia e del Montenegro. Copyrights: reprezentacija.me
Per quel poco che contano le statistiche, ne cito alcune riguardanti l’Eurobasket 2017, dove il Montenegro uscì contro la Lettonia. Nikola Vucevic chiuse la competizione con 14.5 ppg e 8 rpg, Dubljevic con 12.8 e 6.5. Trarre conclusioni da questi dati sarebbe azzardato. L’unica certezza è che Dubljevic meriti la NBA sotto ogni punto di vista, ma gli manchi l’altezza per giocare molti minuti da centro. Vedremo forse nei prossimi anni Arturas Gudaitis alle prese con il salto oltre oceano; anche lui sembra piccolo per il ruolo di centro interno in NBA, pur essendo un colosso a livello europeo.
Chiudo questo excursus forse prolisso sull’altezza, necessaria per giocare in un certo modo nella NBA odierna.
Per quanto riguarda il profilo puramente fisico dei giocatori, anche la stazza e il peso hanno certamente una rilevanza notevole. In via preliminare, bisogna sottolineare che questa analisi è rivolta al mondo NBA, in cui la stagione è composta da 82 partite più playoffs, con viaggi lunghissimi e contatti duri in ogni azione. In una competizione più breve, come un Europeo, potremmo non notare la differenza di stazza tra Tomic del Barcellona e Nurkic, tra Poirier del Baskonia e Vucevic, tra Gortat e Cervi (il lettore mi perdoni per l’ultimo paragone). Tuttavia, la taglia fisica e un corpo muscoloso e abituato allo stress costituiscono un ulteriore elemento per definire chi può circolare in NBA e chi deve osservarla dal vecchio continente.
Finora abbiamo discusso esclusivamente di taglia fisica, composta da altezza e peso. Ma le caratteristiche fisiche dei centri NBA non si esauriscono qui. Nikola Pekovic, enorme centro montenegrino ritiratosi per gravi problemi fisici, non è mai diventato una stella in NBA, nonostante le dimensioni considerevoli e una tecnica sopraffina. La rapidità di mani e piedi, l’esplosività nella parte bassa del corpo fanno parte degli aspetti da analizzare per comprendere il successo degli europei in NBA. Lo faremo però nella prossima sezione, dedicata alla difesa.
Straight up!
Come già ricordato, Arvydas Sabonis arrivò nella lega con importanti infortuni alle spalle. La sua mobilità laterale e verticale non era certo quella di un ventenne, eppure Sabonis riusciva a influire anche nella metà campo difensiva, sfruttando altezza e stazza a suo favore. L’evoluzione odierna del ruolo di centro ha imposto come qualità essenziale la difesa del ferro, facendo crescere a dismisura il numero di lunghi intimidatori, capaci di ostacolare le penetrazioni avversarie. In questo articolo non parleremo nel dettaglio di centri europei come Gobert o Capela, figli di questa evoluzione del ruolo e ancore difensive delle rispettive squadre.
Il ritorno in auge del lungo europeo tecnico e pesante sembra una contraddizione allo sviluppo del ruolo; si tratta invece di una evidente irregolarità nella suddetta evoluzione: non esiste, nemmeno nel basket, un’unica linea retta protesa al futuro.
Tentare di stoppare gli avversari al ferro è il modo più spettacolare di difendere sia sull’avversario diretto sia in aiuto. Ma non il solo. In una NBA in cui dominano guardie capaci di provocare contatti alla ricerca del fallo, i lunghi devono mantenere il più possibile una posizione verticale per evitare di incorrere in infrazioni. Sabonis figlio, Domantas, si sta specializzando in questo fondamentale, diventando un difensore ostico senza essere un grande stoppatore o saltatore. Nurkic e Vucevic, centri titolari e ben considerati, possono ostacolare le conclusioni avversarie grazie alla loro semplice presenza sotto canestro. Marc Gasol, ex Defensive Player of the Year, è stato per un paio d’anni il miglior centro della lega proprio grazie alle sue qualità difensive, pur non essendo certo un fulmine in termini di rapidità e agilità. Il sistema di Memphis lo aiutava, ma lui creava i presupposti per il sistema stesso. Contestare le penetrazioni avversarie saltando in verticale è una delle chiavi del successo per i centri europei in NBA. Assunto valido per chi ha mezzi atletici incredibili, come Gobert e Capela, ma soprattutto per chi alla mancanza di tali mezzi deve ovviare.

Straight up! Marc Gasol ha limitato Vucevic ed Embiid, senza essere un grande saltatore. (credit: as.com)
Fino a questo momento abbiamo trattato essenzialmente di difesa in aiuto, non sul proprio uomo. La capacità di mantenere posizione verticale torna utile anche nella difesa del post basso avversario. Cercare di stoppare un Karl-Anthony Towns può diventare impresa complicata. Meglio rendergli la vita difficile mantenendo la posizione con le braccia alte.
L’ultima situazione difensiva che andremo a esaminare è forse la più interessante, la più problematica per i lenti centri europei. Come avrebbero difeso i Blazers di Sabonis su un pick ‘n’ roll Harden-Capela? O semplicemente su Fox e Cauley-Stein?
Epoche diverse, giocatori e stili d’attacco diversi. Possiamo però trarre qualche spunto di riflessione dalle odierne difese dei Nuggets con Jokic e dei Sixers con Boban Marjanovic.
Se nelle ultime Finals abbiamo visto accettare qualsiasi tipo di cambio difensivo sui blocchi, per aumentare l’aggressività e limitare gli spazi per il tiro da 3, Nuggets e 76ers tendono a non accettare cambi che riguardino i loro centri. Jokic e Marjanovic tendono a rimanere al centro dell’area senza trovarsi contro i piccoli avversari sul perimetro. Le difese in questo caso spingono dentro gli avversari, tentando di portarli proprio sull’aiuto del lungo.

Va bene, Marjanovic, Nurkic e compagnia non possono tenere Anthony Davis. Ma chi può farlo? Non si possono misurare le lacune difensive prendendo Davis o Embiid come prototipi di attaccanti nel ruolo di centro. In NBA circolano anche Cauley-Stein e Zeller.
Vengono così mascherate le lacune di giocatori come i due centri serbi, ma anche di altri europei come Gasol, Valanciunas e Zubac. Rari o comunque meno frequenti sono per questo tipo di giocatori gli show difensivi, che portano il lungo ad aiutare sul palleggiatore lontano da canestro. Si cerca di limitare in ugual misura l’isolamento del centro contro il piccolo avversario.
Ai tempi di Sabonis, Divac e Ilgauskas il campo era meno allargato dalla presenza di tiratori e il pick ‘n’ roll meno sfruttato, perciò le lacune in termini di mobilità laterale potevano essere meglio nascoste. Meno campo doveva essere fisicamente coperto per difendere con efficacia.
Ma non tutti i centri europei presentano queste mancanze nella loro metà campo. C’è anche chi ha lavorato così duramente sulla lacuna da trasformarla in una qualità. Di mobilità laterale, difesa sui piccoli, cambi e aiuti sul pick ‘n’ roll si nutriva Joachim Noah nei suoi anni d’oro. Il francese esula in parte dal nostro discorso, non essendo il classico centro europeo tecnico e di peso, ma fu forse il primo a difendere con ferocia sulla tecnica offensiva più utilizzata in NBA.
Domantas Sabonis sa di non vivere più nell’epoca cestistica del padre e ha fatto di necessità virtù. Passato stabilmente alla posizione di centro ai Pacers, Sabonis sa e vuole cambiare sui blocchi. È capace di contenere i palleggiatori avversari e di recuperare sul proprio uomo dopo un aiuto lontano da canestro.

Questo sarà forse un 2+1 di Harden. Ma in NBA il palleggiatore medio non è James Harden: esistono anche Reggie Bullock, Evan Fournier e Emmanuel Mudiay.
L’ultimo aspetto difensivo di cui tratteremo riguarda i rimbalzi. Alcuni centri hanno costruito un’intera carriera sulle loro capacità sotto i tabelloni: Kanter è un incredibile specialista in questo senso. Abbiamo rivalutato la sua efficacia durante questi playoff: una pedina fondamentale per Portland in assenza di Jusuf Nurkic.
Ante Zizic dei Cavs ha avuto un impatto clamoroso in Eurolega grazie alla sua abilità a rimbalzo, ma per limiti fisici non riesce a imporsi allo stesso modo in NBA. Alex Len, nonostante stazza e centimetri, non è un rimbalzista efficace, e sta faticando a trovare continuità nella lega, dopo esser stato scelto da Phoenix con la quinta scelta del 2013.
Domantas Sabonis invece, pur non avendo i centimetri del padre, sa come tagliare fuori l’avversario diretto per assicurarsi la supremazia sulla propria area. Il controllo dei tabelloni è fondamentale contro qualsiasi avversario, non solo per non concedere second chance points, ma anche per far partire potenziali contropiedi. L’evoluzione del lungo europeo rispecchia in questo caso il percorso del ruolo di centro in generale: Jokic è ormai famoso per la sua conduzione dell’attacco direttamente da rimbalzo difensivo. In un’epoca in cui si parla di abolizione dei ruoli, è necessario sottolineare che i centri europei non costituiscono una categoria a parte, se non per la loro provenienza geografica. Le proprietà tecniche in palleggio caratterizzano Jokic e Vucevic, i due centri europei più apprezzati in NBA, ma anche atleti americani come Cousins. Siamo ormai giunti alla fase di transizione, e ci affacciamo nella metà campo offensiva.

Point center
Abbiamo contestato il concetto di rivoluzione nel basket, ritendendolo abusato. Tuttavia, la capacità di Jokic di correre il campo palla in mano è rivoluzionaria, quanto meno per quel che riguarda i centri europei. Nessuno prima di lui era stato capace di condurre la transizione con l’efficacia di un play. Non Sabonis, non Divac, non Gasol, ovvero i migliori interpreti del ruolo di provenienza europea. Dei fondamentali del playmaker Jokic non padroneggia solo il palleggio, ma anche il passaggio. Qui risiede la chiave del successo di Jokic e degli altri centri europei. Ma torniamo un attimo al loro ruolo offensivo.

Nikola Jokic conduce la transizione. Da Stockton a James a Jokic. Point guard, point forward, point center.
Il post basso è storicamente la posizione preferita del tipo di lungo di cui stiamo trattando. Sabonis era in grado di attaccare gli avversari con un mix di forza, altezza e tecnica difficile da arginare. I fratelli Gasol sono un esempio più vicino a noi in questo senso. Potenza, tecnica, varietà di soluzioni dal post, buone percentuali in lunetta per evitare falli tattici. A un livello inferiore, ma comunque rispettabile, molti altri europei si distinguono nell’attacco in post: Pekovic in passato, poi Nurkic, Valanciunas, Kanter, infine Sabonis figlio e Ivica Zubac. Ho tralasciato Marc Gasol, Jokic e Vucevic, non casualmente. I centri di Raptors, Nuggets e Magic sono sì forti in post basso, ma padroneggiano pienamente anche il post alto e l’attacco fronte e canestro. Come?
Il sistema di Nuggets e Magic è essenzialmente fondato su tagli a canestro continui. Jokic e Vucevic possono servire direttamente il tagliante o sfruttare lo squilibrio causato nelle difese per trovare l’uomo libero sull’arco. Tale abilità si esplica in qualsiasi situazione, sia spalle che fronte a canestro. Chi ha saputo affinare questa capacità, è arrivato all’All Star Game e al riconoscimento degli americani, come Marc Gasol prima, i due slavi poi. Cosa manca a Valanciunas e Kanter per aver successo nella lega? Abilità fronte a canestro, visione di gioco e efficacia nel passaggio. Marc Gasol mette a referto 4 assist di media dal suo passaggio a Toronto, Valanciunas, prima della trade che lo ha portato a Memphis, solo 1. Jokic rimane irraggiungibile nella lega tra i centri, con i suoi 7.6 assist di media. I due europei che più stanno lavorando su questo aspetto, raggiungendo risultati tangibili, sono Nurkic e Sabonis, passati rispettivamente da 0.8 e 1 di media nelle stagioni da rookie agli attuali 3.8 e 2.9. L’assist percentage, stima dei canestri assistiti per merito di un giocatore, è salita da 7 a 18% sia per Nurkic che per Sabonis. Si può legittimamente scommettere su un ulteriore progresso dei due nel corso dei prossimi anni.
Le lacune difensive spesso imputate a Kanter e Valanciunas riguardano anche Jokic, ma possono essere nascoste dalle rispettive squadre. Il vero segreto del successo è l’abilità nel passaggio. I ruoli in NBA sono sempre meno rigidi: anche i centri devono essere in grado di variare le proprie soluzioni offensive, senza limitarsi alla sola finalizzazione. Arvydas Sabonis fu il primo centro europeo a declinare l’innata comprensione del gioco in una sempre più fine tecnica di passaggio, nonostante all’epoca non fosse nemmeno concepito il ruolo di point center.
Si nota forse qualche somiglianza con Jokic?
Trattando di ampliamento dell’arsenale offensivo, impossibile non parlare del tiro da tre punti. Arvydas Sabonis non disdegnava il tiro dalla lunga: il lituano fu antesignano anche in questo senso.
Oggi, anche ai centri si richiede di allargare il campo. Marc Gasol ha progressivamente ampliato le zone di pericolosità offensiva, allungandosi la carriera e aggiornando il suo gioco. Marc ha tirato un totale di 66 triple nelle sue prime 8 stagioni. Nelle successive 4 stagioni, 268, 320, 243 e 243 triple tentate, convertite con il 35%. Vucevic ha compiuto un percorso simile. 26 triple tentate nelle prime 5 stagioni, 474 negli ultimi tre anni, convertite con il 34%. Ecco insomma la seconda e altrettanto decisiva chiave di sviluppo per i centri europei in NBA.
In futuro non basterà più fondare il proprio gioco su blocchi e conclusioni al ferro, come ha fatto Marcin Gortat per tutta la carriera, anche con un certo successo. Le nuove leve saranno sempre più inclini al tiro dalla lunga: anche un rookie di 31 anni come Antic, non certo un fenomeno a livello NBA, ha potuto entrare in rotazione grazie alla capacità di tiro da 3.
Daniel Theis e Mo Wagner sono esempi del nuovo centro europeo tiratore, pur avendo limitati minuti a disposizione e un ruolo non certo primario a Los Angeles e Boston. Senza possedere doti fisiche o tecniche di saboniana memoria, i due tedeschi si ritagliano il loro spazio in rotazioni americane, e lo faranno anche in futuro.
Concludiamo ora la nostra riflessione individuando due giovani che potrebbero entrare nella lega in futuro: Goga Bitadze, centro georgiano del Buducnost, e Nikola Milutinov, serbo dell’Olympiacos.
Le nuove leve
In 4 stagioni in Grecia, Milutinov è passato dall’essere oggetto misterioso a superstar di Eurolega. 21,5 di PIR per Doncic lo scorso anno, 19,5 per Milutinov in questa stagione.

Classe ’94, Milutinov è stato scelto al Draft 2015 dai San Antonio Spurs, con la chiamata numero 26. Ormai uno dei migliori giocatori in Europa, il centro allenato oggi da David Blatt sembra pronto per il salto oltre oceano. Nel sistema Spurs Milutinov si potrebbe calare alla perfezione, almeno sulla carta. Tutti conoscono infatti lo scetticismo di Popovich sui rookie, ma l’esperienza maturata da Milutinov in Europa potrebbe aiutarlo a integrarsi più rapidamente. Il serbo ha il potenziale per diventare uno starter NBA, anche se non sarà mai una stella. Con lui in campo, Aldridge potrebbe tornare al suo ruolo di ala grande; Milutinov è abituato a dividere il pitturato con un altro lungo, avendo trascorso ormai 4 anni al fianco di Printezis all’Olympiacos. La sua taglia fisica è soddisfacente per i parametri NBA e i piedi sono rapidi. In difesa, Milutinov ha un ottimo senso della posizione, è disciplinato e non cerca la stoppata, accontentandosi di ostacolare l’attaccante con le sue lunghe braccia. È in grado di tenere sui cambi difensivi anche contro giocatori più rapidi, ma gli attaccanti d’élite in NBA lo metteranno a dura prova. In attacco, dispone di un ottimo arsenale, completo di visione di gioco e capacità nel passaggio, che abbiamo visto essere essenziale. Per farsi spazio in post basso a livello NBA, dovrà certamente aggiungere peso e potenza nelle gambe. Dotato di un eccelso QI cestistico, Milutinov ha una qualità imprescindibile per qualsiasi europeo si avvicini alla lega: la voglia e la capacità di migliorarsi costantemente. I suoi progressi negli anni in Grecia sono stati impressionanti, e il suo percorso potrebbe proseguire in NBA.
Goga Bitadze è un classe ’99 in forza ai montenegrini del Buducnost Voli Podgorica, squadra militante in Eurolega e in ABA Liga. Potrebbe essere scelto al Draft 2019: viene dato alla scelta 21 da Draft.net e alla 20 da Tankathon.

Parliamo attualmente di un prospetto: Bitadze non sembra pronto a un impatto immediato in NBA, come potrebbe esserlo Milutinov. D’altra parte, il georgiano ha un fisico certamente adatto a una carriera oltre oceano e dispone di un’ottima tecnica. A differenza di Milutinov, cerca frequentemente la stoppata. A 19 anni si tratta di uno dei migliori stoppatori d’Eurolega, ma il rovescio della medaglia è un’eccessiva propensione al fallo. Meno rapido di Milutinov sulle gambe, sui cambi punta a recuperare grazie alle braccia lunghissime, non sempre con successo. In attacco, è un fattore in post, un passatore capace ma incline al turnover. Non disdegna soluzioni fronte e canestro e ha una buona mano dall’arco dei tre punti. Il rilascio è morbidissimo e lascia presagire un ottimo sviluppo anche come stretch-five. Probabilmente si tratterà di un draft and stash, ovvero di un giocatore che passerà altri anni in Europa dopo essere stato selezionato al Draft. Le possibilità NBA sono comunque altissime per lui, nella speranza che possa completare la sua crescita in Europa prima di misurarsi con un livello di gioco superiore a quello dell’Eurolega.
Arvydas Sabonis ha tracciato la via. Il futuro si apre luminoso davanti ai suoi eredi.