Il Most Improved Player è uno dei riconoscimenti con meno appeal nello star system della NBA. La conversazione attorno a questo premio e la sua analisi narrativa sono, di gran lunga, molto più interessanti e suggestivi del suo epilogo. Di fatto, i vincitori del MIP tendiamo a dimenticarli con il passare del tempo ma, a differenza di altri riconoscimenti individuali, raccontano in maniera piuttosto efficace uno spaccato della NBA e, più nello specifico, il momento esatto dell’esplosione di un talento. In questo articolo cercherò di raccontarvi i possibili candidati al Most Improved di questa stagione, partendo, come è giusto che sia, dalla loro partita più significativa. Perchè il basket non vive solamente di statistiche. Il basket è molto, molto di più.
D-Lo: D’Angelo Russell
Sacramento Kings vs. Brooklyn Nets
Golden 1 Center, Sacramento, CA
19 Marzo 2019
Ultimo quarto della partita. I Kings sono in vantaggio 103-78 e hanno la vittoria in tasca. Difficile pensare a una rimonta dei Nets, spazzati via nel terzo quarto dal ritmo forsennato dei ragazzi allenati da coach Joerger. Un 37-20 che lascia poco spazio all’immaginazione. Per Sacramento si tratta solamente di rimanere concentrati sulla partita e continuare a spingere forte nei primi minuti del quarto periodo, in modo da scoraggiare ogni possibile idea di rimonta di Brooklyn. D’Angelo Russell, però, non intende arrendersi nemmeno di fronte ad una probabilissima sconfitta. La sua mentalità è totalmente cambiata rispetto a quando vestiva la maglia dei Los Angeles Lakers. Un’esperienza difficile e tormentata in cui ha sbagliato molto a livello caratteriale e in cui non è riuscito a lasciare il segno in alcun modo.
“A minor setback is welcoming a major comeback”, si dice negli Stati Uniti. Un piccolo rallentamento non può ostacolare un grande ritorno. Lo precede, certo, ma non ne preclude il successo. Per D’Angelo conta solo questo da quando veste la maglia dei Brooklyn Nets. L’infortunio al ginocchio della scorsa stagione e l’esplosione di Spencer Dinwiddie avrebbero potuto dargli la spallata decisiva per buttarlo giù dal precipizio del fallimento. Questo, semplicemente, non è successo. Russell ha cambiato approccio alla pallacanestro, maturando un poco alla volta e diventando progressivamente un leader vocale anche sul parquet. I numeri sono dalla sua parte, così come il ritrovato consenso tecnico da parte degli addetti ai lavori. La prima convocazione all’All Star Game e l’ottima stagione dei suoi Nets sono solamente la punta dell’iceberg di un lavoro ossessivo sul proprio gioco, portato avanti con convinzione in estate, malgrado in molti lo definissero un bust già da qualche tempo.
Il quarto periodo di Sacramento rappresenta, in tutto e per tutto, la nuova fase della carriera di Russell. Un giocatore che non ha paura di avere la palla tra le mani e che, soprattutto, è in grado di incidere profondamente all’interno di una partita di basket. Il #1 dei Nets, già a quota 17 punti, sa perfettamente che coach Atkinson potrebbe decidere di sostituirlo, nel caso in cui l’eventuale rimonta dei suoi non si concretizzasse nell’immediato. Una cosa è certa: non vuole assolutamente uscire dal parquet.
D’Angelo inizia il quarto con tre assist al bacio, tutti per Rondae Hollis-Jefferson, un altro ragazzo che non molla mai in qualsiasi circostanza. Il #1, però, sa che per provare a rientrare in gioco, sono i suoi punti quelli in grado di fare la differenza. D’altronde, per D-Lo non è mai stato un problema segnare qualche canestro. I primi quattro del periodo, tutti in avvicinamento contro Yogi Ferrell, fanno subito capire le sue intenzioni. Accelerare il ritmo della partita e puntare dritti al ferro degli avversari, sfruttando ogni mismatch, ogni possibile crepa nella fiducia dei Kings. Il piano dei Nets è semplice: grande lavoro di squadra nella propria metà campo e, poi, fast break a tutta velocità. Russell a dettare i tempi di gioco.
Tripla in transizione. Anzi, facciamo due consecutive. I Nets arrivano a meno dieci con sette minuti ancora sul cronometro della partita.
Poi è la volta della penetrazione con cambio di mano e appoggio facile al tabellone. Nemanja Bjelica, che ha cercato di fermarlo, non è riuscito nemmeno a mettere a fuoco la palla. La rapidità e il ball handling di D-Lo sono di altissimo livello. Sacramento prova a resistere ma l’inerzia della partita sembra essere scivolata dalla parte di Brooklyn. D’Angelo continua ad esplodere il suo talento.
Penetrazione al ferro, spezzando il raddoppio. Due.
Pull-up three in faccia a Bjelica. Bottom of the net.
Poco dopo. Stessa posizione di prima ma parabola leggermente più alta. Swish.
“Cool as an October breeze”.
A due minuti dal termine, Brooklyn è sul meno due: 116-114. D’Angelo non ha ancora finito coi Kings. Nel possesso successivo sfida tutta la loro difesa, andando a pugnalarla al cuore con un sottomano morbidissimo, dopo aver dipinto una serie di palleggi pazzeschi. De’Aaron Fox, però, risponde con un 2/2 dalla lunetta che tiene Sacramento a tre lunghezze di vantaggio (119-116). Nuovamente Russell. Si prende la palla con decisione e non la fa toccare a nessun altro. Vuole altri due punti e li ottiene con l’ennesima splendida penetrazione al ferro. Ancora meno uno per i Nets.
Sacramento sbaglia il tiro nel possesso successivo, regalando a Brooklyn la possibilità di andare in vantaggio. Hollis-Jefferson attacca l’area avversaria con decisione prima di scaricare sul perimetro per Russell. Il #1 non forza il tiro e, dopo aver effettuato una finta, trova Dudley liberissimo in punta con i piedi saldamente fuori dall’arco da tre punti. Tripla folgorante e vantaggio clamoroso dei Nets. 121-119 a 1’11’’ dalla sirena finale, dopo essere stati sotto anche di 28 punti durante la gara. Fox pareggia dalla lunetta ma l’ultimo possesso è ancora per Brooklyn.
5.9’’ alla fine. Rimessa per i Nets nelle mani di Joe Harris. D-Lo non riesce a riceverla, così è Hollis-Jefferson a prendersi l’ultimo tiro. Una penetrazione decisa, 1 vs 1 con Bagley, conclusa con uno splendido reverse layup che chiude definitivamente i giochi. Vittoria Brooklyn per 123-121.
D’Angelo Russell termina con 44 punti, nuovo career high, di cui 27 nel solo quarto periodo, oltre a 12 assist e 4 recuperi in 38 minuti di gioco. “Once you get in that groove, it’s hard to get you out of it”, le sue parole a fine partita. Una volta entrato in ritmo, nessuno è stato in grado di fermarlo. A night for the ages.
La stagione di Russell è stata, senza alcun dubbio, di altissimo spessore cestistico. Ogni singola parte del suo gioco è migliorata. Dall’efficienza offensiva alle percentuali dal campo. Dalla gestione del suo playmaking, più equilibrata e razionale, all’impatto tecnico ed emotivo nei minuti decisivi delle partite. Un leader vocale e un clutch player già di ottimo livello. Nessuno avrebbe scommesso un dollaro su di lui, dopo l’esperienza negativa ai Lakers, e, invece, è arrivata quella tanto inseguita continuità fisica e mentale capace di renderlo una delle migliori point guard della Eastern Conference. Se a questo aggiungiamo la qualificazione dei suoi Brooklyn Nets ai prossimi Playoffs, abbiamo il completamento naturale a tutti i suoi innegabili miglioramenti individuali.
“I’m gonna win that sh*t. Put in on record”.
D-Lo è sicuro. Vincerà lui il premio di Most Improved Player.
Stagione ’17-’18
Partite disputate 48
Minuti giocati 25.7
Punti 15.5
Rimbalzi 3.9
Assist 5.2
FG%
41.4%
3P%
32.4%
Stagione ’18-’19
Partite disputate 81
Minuti giocati 30.2
Punti 21.1
Rimbalzi 3.9
Assist 7
FG%
43%
3P%
36.9%
Il figlio del Principe:
Domantas Sabonis
New York Knicks vs. Indiana Pacers
Madison Square Garden, New York, NY
31 Ottobre 2018
Giocare al Garden di New York è uno degli appuntamenti più attesi per moltissimi giocatori della NBA. L’atmosfera dentro l’arena, il parquet scintillante e, soprattutto, l’emozione di trovarsi in uno dei luoghi più suggestivi ed evocativi di tutta la storia dello sport americano, rendono tutto estremamente vivido e significativo. Nemmeno il giovane Domantas Sabonis, figlio del leggendario Arvydas, “Il Principe del Baltico”, è insensibile di fronte al fascino del MSG ma questo non cambierà in alcun modo il suo approccio alla partita.
I suoi Indiana Pacers, ospiti dei Knicks, puntano moltissimo su di lui e sul suo solido contributo dalla panchina. La grande forza di Domantas, quella che ha impressionato tantissimo coach McMillan e il suo staff, è l’atteggiamento con cui il ragazzo proveniente da Gonzaga riesce a affrontare ogni partita. Durezza mentale, dedizione ai fondamentali e, soprattutto, una spiccata propensione al gioco di squadra. A team player, come si dice da queste parti. Un giocatore di profondo talento che conosce perfettamente la pallacanestro e sa sempre come rendersi utile all’interno di una gara.
Nella partita contro i Knicks nella notte di Halloween, mette in campo tutto il suo repertorio tecnico. Gioco in post, rimbalzi, blocchi a ripetizione, efficaci tagli a canestro e morbidissime conclusioni al ferro. Domantas in attacco fa quasi sempre la scelta giusta, muovendosi con grandissima padronanza degli spazi e una sapiente visione complessiva. A ventidue anni dimostra già di poter incidere tantissimo negli equilibri della squadra, nonostante il suo gioco lontano da canestro non sia ancora sviluppato adeguatamente. I compagni sanno perfettamente come sfruttare la sua fisicità (2.11 m per 109 kg) e la sua capacità di bloccare e distribuire loro efficacissimi hand-off.
I New York Knicks non riescono ad arginarlo difensivamente in alcun modo. Il #11 dei Pacers è troppo forte fisicamente e rapido nel movimento di gambe per essere contenuto dai lunghi a disposizione di coach David Fizdale. Inoltre, la condizione psicofisica del cestista lituano è davvero ottima, in totale ascesa dal punto di vista della fiducia nei propri mezzi.
Il figlio di Arvydas conclude con 30 punti, career high eguagliato, con un perfetto 12/12 dal campo, oltre a 9 rimbalzi, 3 assist e 2 stoppate in appena 21 minuti d’utilizzo. Un fattore determinante per la vittoria esterna dei suoi Pacers per 107-101, sigillata da una straordinaria tripla dall’angolo di Victor Oladipo a 21.6’’ dalla fine della partita.
Domantas Sabonis è uno dei giocatori maggiormente migliorati di questa stagione, anche, se non soprattutto, oltre le sue statistiche. Il suo nome può essere tranquillamente inserito anche nella discussione del Sixth Man of the Year (il vincitore sarà Lou Williams, su questo pochi dubbi) e questo rende perfettamente l’idea di quanto bene abbia fatto all’interno della squadra di coach Nate McMillan. Migliorata la percentuale dal campo (59%) e, soprattutto, la true shooting percentage. Nelle ultime tre stagioni è passata dal 46.9% al 63% di quest’anno. Oltre agli indiscutibili sviluppi nella metà campo offensiva, quello che maggiormente impressiona è la sua regolarità di rendimento e l’encomiabile atteggiamento sul parquet. La sua presenza in campo tende a migliorare anche il rendimento dei compagni, il che rappresenta un aspetto molto importante per un giocatore della 2nd unit. Il suo futuro con i Pacers, probabilmente già dal prossimo anno, potrebbe trovare una naturale evoluzione nel quintetto base.
La trade che circa un paio d’anni fa portò Paul George a OKC, all’epoca giudicata negativamente da parte di moltissimi addetti ai lavori, non è stata poi così male per Indiana. Sia Domantas Sabonis che, soprattutto, Victor Oladipo (Most Improved uscente), arrivati nell’operazione dai Thunder, si sono dimostrati tutt’altro che insignificante merce di scambio, diventando in poco tempo i pilastri fondamentali per il futuro della franchigia.
Stagione ’17-’18
Partite disputate 74
Minuti 24.5
Punti 11.6
Rimbalzi 7.7
Assist 2
Stoppate .4
FG%
51.4%
Stagione ’18-’19
Partite disputate 74
Minuti 24.8
Punti 14.1
Rimbalzi 9.3
Assist 2.9
Stoppate .4
FG%
59%
The Animal: Montrezl Harrell
Los Angeles Clippers vs. Milwaukee Bucks
Staples Center, Los Angeles, CA
10 Novembre 2018
I Clippers di coach Doc Rivers ospitano una delle squadre più forti e interessanti di tutta la NBA: i Milwaukee Bucks di Giannis Antetokounmpo e del nuovo allenatore Mike Budenholzer. Montrezl Harrell, Lou Williams, Pat Beverley e Danilo Gallinari. Non è facile trovare un gruppo di giocatori così esaltanti nella stessa squadra ma il grandissimo lavoro del front office dei Clips è riuscito nell’impresa di creare un roster molto forte senza la presenza di alcuna superstar, lasciando, quindi, apertissime le porte per la prossima free agency. Jerry West e Doc Rivers, insomma, hanno messo le basi per il futuro della franchigia.
Montrezl Harrell, dopo alcuni viaggi in G-League, è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante in questa squadra, diventando uno dei migliori giocatori della second unit. Dico “uno dei migliori” a causa della presenza nel roster del meraviglioso Lou Will, che della riserva non ha proprio alcuna sembianza. Nel secondo tempo della partita contro Milwaukee, Montrezl libera una quantità di energia senza senso sui due lati del campo. Di lui si è sempre parlato come di un grande agonista, bravo a schiacciare la palla dentro al canestro e nel lavoro sotto i tabelloni. Da quest’anno, invece, il suo gioco si è arricchito nella metà campo offensiva, aumentando di molto le sue soluzioni per trovare punti con efficacia. La squadra di Budenholzer fa la sua spiacevole conoscenza nel quarto periodo, momento in cui il ragazzo da Tarboro, North Carolina, domina emotivamente e tecnicamente la partita.
Due sono le costanti degli ultimi dodici minuti di gara: i rimbalzi catturati da Harrell e le sue urla dopo ogni singola giocata importante. Il #5 dei Clips è una belva incontenibile.
Si parte con un rimbalzo offensivo strappato violentemente a Malcolm Brogdon e Pat Connaughton, concluso con una poderosa bimane, accompagnata dal solito immancabile urlo, che quasi spacca il ferro dello Staples. Si prosegue con un gancio meraviglioso, prendendo il tempo a Brook Lopez, che si tuffa armoniosamente sul fondo della retina. Un minuto dopo, Harrell sbaglia la schiacciata su alley oop di Lou Williams ma riesce ugualmente ad impadronirsi della palla vagante e ad appoggiarne altri due al tabellone.
Tornando nella sua metà campo non può trattenere la sua gioia. Montrezl è uno che non nasconde i suoi sentimenti. La felicità nel giocare a pallacanestro si sprigiona in ogni singola parte del suo corpo.
Possesso successivo. Pocket pass di Lou, ricezione di Harrell che segna di forza, subendo il fallo di Middleton. Lo Staples Center esplode ancora di più nel finale del quarto, quando il #5 dei Clippers stoppa brutalmente un tentativo un sottomano troppo fiducioso di Brogdon. Los Angeles la vince al supplementare, grazie a una magia di “Sweet Lou” Williams, ma l’MVP assoluto del match è Montrezl.
Per lui 26 punti (9/12 dal campo) e 9 rimbalzi (di cui 6 offensivi) in 32 minuti di gioco, partendo dalla panchina.
“His energy was infectious”, dirà coach Doc Rivers a proposito di Harrell nella conferenza stampa post partita. L’energia di Montrezl è stata contagiosa e ha totalmente cambiato l’inerzia della gara, trascinando i suoi compagni e coinvolgendo tutto il pubblico dello Staples Center.
https://www.youtube.com/watch?v=tF8l_p-nx6M
I miglioramenti del talento proveniente da Louisville sono oggettivamente evidenti. Il fatto di essere uno dei giocatori più importanti della sua squadra, partendo dalla panchina, la dice lunga sul suo impatto all’interno della stagione dei Clippers, bravissimi a centrare un posto nei Playoffs della Western Conference e a battagliare con onore contro i Warriors al primo turno. I suoi minuti sul parquet, passati dai 17 di media dello scorso anno ai 26.3 di quest’ultimo, testimoniano più di ogni altra cosa la sua considerazione all’interno del roster da parte di coach Rivers.
Montrezl sta facendo un grandissimo lavoro per migliorare il suo contributo nella metà campo offensiva, cercando di aggiungere più armi possibili al suo arsenale. Non sarà mai un lungo di quelli che lasciano a bocca aperta con la loro classe e i movimenti di talento innato. No, su questo credo siamo tutti d’accordo. Harrell, però, ha dimostrato di poter essere un elemento estremamente prezioso per le rotazioni, non solo dal punto di vista agonistico ma anche da quello tecnico, sopratutto in situazione di pick and roll. Non se ne trovano molti di giocatori in grado di cambiare totalmente una partita, pur non disponendo di un folgorante talento cestistico.
Montrezl Harrell è certamente uno di questi.
Stagione ’17-’18
Partite disputate 76
Minuti 17
Punti 11
Rimbalzi 4
Stoppate .7
Assist 1
FG%
63.5%
Stagione ’18-’19
Partite disputate 82
Minuti 26.3
Punti 16.6
Rimbalzi 6.5
Stoppate 1.3
Assist 2
FG%
61%
The Priest: Pascal Siakam
Toronto Raptors vs. Washington Wizards
Scotiabank Arena, Toronto, Canada
13 Febbraio 2019
I Raptors sono una delle squadre più attrezzate e competitive della lega. La partenza dolorosa di DeMar DeRozan, spedito con tanti saluti a San Antonio, e gli arrivi di Kawhi Leonard, Danny Green e, successivamente, Marc Gasol hanno cambiato profondamente le prospettive della franchigia canadese. Una Eastern Conference da veri protagonisti, ora che LeBron è migrato in California, non rappresenta più solamente il sogno infranto ma la vera e vivida realtà.
conipoco
L’immagine dei nuovi Raptors, dipinta con maestria da coach Nick Nurse, assume le fattezze di un giocatore dalla storia incredibile e dal talento in continua evoluzione. Sto parlando del camerunese Pascal Siakam, alla sua terza stagione nella NBA, uno dei più interessanti cestisti in circolazione. È lui la punta di diamante del progetto tecnico portato avanti da Masai Ujiri, president of basketball operations dei Raptors, autentico visionario di questo gioco. La storia di Siakam avrebbe bisogno di pagine e pagine per poter essere raccontata a dovere. Non è, però, questo il momento di farlo. Basti sapere che il #43 di Toronto, scoperto in Africa dal giocatore Lui Richard Mbah a Moute quando aveva 16 anni, gioca a basket solamente da una manciata di anni e che la sua crescita cestistica, in costante ascesa, è uno dei fenomeni più elettrizzanti che la NBA possa attualmente offrire.
Ogni partita aggiunge qualcosa di nuovo. Ogni giorno che passa, il suo talento aumenta esponenzialmente la sua densità e, probabilmente, stiamo solamente raschiando la superficie del giocatore che diventerà. E pensare che, poco prima di iniziare il suo percorso nel basket, aveva considerato seriamente l’idea di diventare prete. Fortunatamente per noi, la scelta è caduta sulla pallacanestro.
Nella partita di metà Febbraio contro i Washington Wizards, gioca una delle sue migliori partite di una stagione clamorosa, portata avanti con grande tenacia e fame di risultati per permettere ai suoi Raptors di avere una chance di giocarsi il titolo. A Toronto non aspettano altro da anni ma sono sempre usciti con le ossa rotte dal confronto con LeBron James. Ora che il Re non c’è più, sembra veramente essere arrivato il momento della svolta per la franchigia canadese.
Vedere giocare Siakam è uno spettacolo per gli occhi sui due lati del campo. I suoi movimenti con la palla tra le mani sono leggeri, intrisi di velocità e armonia, e possono esplodere in devastante atletismo come in delicate variazioni sul tema, lavorando morbidamente coi polpastrelli nel gioco in post basso. Assist, rimbalzi, stoppate, schiacciate, triple e blocchi a ripetizione. Non c’è nulla che questo ragazzo non sappia fare sul parquet e la cosa spaventosa è che siamo solamente all’inizio della sua storia nel basket americano. Contro gli Wizards, il camerunese si esibisce in un trattato di pallacanestro a tutto tondo, non lasciando all’avversario nemmeno il tempo di reagire e modellarsi sul suo gioco. Siakam è una spugna a livello di apprendimento e, in alcuni casi, sembra già pensare con qualche secondo d’anticipo rispetto agli altri.
Oltre a questo aspetto tecnico-cognitivo, la cosa che più impressiona di lui è la facilità estrema con cui corre su e giù lungo i ventotto metri. Pascal è veloce, si mangia il parquet in poche falcate, ed è bravissimo a sfruttare le sue qualità in campo aperto. Non sta fermo un secondo ed è incredibilmente reattivo anche lontano dalla palla. Il ball handling, poi, è in continua evoluzione e non permette ai difensori avversari una facile lettura dei suoi movimenti. In situazioni di pick and roll/pop è un bloccante davvero efficace, sia come “rollante”, sia quando si apre dietro l’arco per attaccare frontalmente il ferro o sparare una tripla in ritmo.
Longilineo (ben sopra i 2 metri d’altezza), velocissimo e con un’apertura alare di 2.22 metri. Un ragazzo nato per giocare a pallacanestro. A tutto questo bisogna aggiungere una spiccata predisposizione per il gioco di squadra e una grande capacità di controllare il proprio corpo, soprattutto a livello coordinativo.
Washington prova ad arginarlo ma non c’è un singolo giocatore del roster che può limitarlo. Segna un canestro diverso dall’altro, uno più bello dell’altro. Per lui 44 punti (15/25 dal campo, 4/5 da tre punti) con 10 rimbalzi, 2 assist e 3 stoppate in 32 minuti di gioco. Nel terzo periodo, dove ne segna 19, sono le sue giocate a spezzare in due la partita e sconvolgere totalmente gli equilibri sul parquet. Stiamo parlando di un ragazzo che qualche anno fa non sapeva letteralmente come approcciare questo gioco. Ora fa la differenza al livello più alto al mondo.
“Se continuerà a giocare così, sarà un All Star l’anno prossimo”, dichiara il coach di Washington Scott Brooks a fine partita. Difficile dargli torto dopo una stagione di questo livello da parte del nativo di Douala, Camerun. Per lui, come dicono negli States, “Sky’s the limit”.
Siakam, insomma, è migliorato in ogni singola statistica in maniera esponenziale, diventando un giocatore fondamentale per una squadra di successo, o contender, come preferite, e, soprattutto, mostrando nettamente ancora importanti margini di crescita. Se non assomiglia al Most Improved Player uno così, bè allora non so davvero chi altro possa esserlo.
Stagione ’17-’18
Partite disputate 81
Minuti 20.7
Punti 7.3
Rimbalzi 4.5
Assist 2
FG %
50.8%
Stagione ’18-’19
Partite disputate 80
Minuti 31.9
Punti 16.9
Rimbalzi 6.9
Assist 3.9
FG %
54.9%
The General: De’Aaron Fox
Atlanta Hawks vs. Sacramento Kings
State Farm Arena, Atlanta, GA
1 Novembre 2018
The fastest motherf***er in the league.
Il giocatore più veloce della NBA. Così si è definito De’Aaron Fox, parlando del suo status all’interno della lega, dopo essersi lasciato alle spalle la sua promettente stagione da rookie. Nei Sacramento Kings è già una colonna portante del quintetto base, occupato abitualmente nel ruolo di point guard, quello in cui ha giocato per tutta la sua giovane carriera. Quest’anno, però, la squadra allenata da coach Joerger sembra aver svoltato, prendendo impetuosamente la strada che conduce ai Playoffs o, quantomeno, alla consapevolezza di poter recitare un ruolo da protagonista nell’immediato futuro.
Contro gli Atlanta Hawks, De’Aaron vuole ribadire questo concetto. I Kings non sono più un tanking team e non hanno più nulla a che spartire con la franchigia della Georgia, anche quest’anno candidata principale alla lottery di metà maggio.
“The General”, nickname ideato per lui da coach John Calipari, suo allenatore a Kentucky, si sente già il leader di questa squadra, nonostante abbia poco più di 20 anni e un’esperienza NBA ancora tutta da formare. Gli spettatori della State Farm Arena, non accorsi in massa al palazzo per supportare gli Hawks, sono avvisati: i Kings di De’Aaron Fox non sono più la squadra sgangherata e senza prospettive di un tempo. Il #5 di Sacramento domina il parquet come un veterano, mostrando pochissime debolezze nel suo gioco offensivo.
Penetrazione al ferro, assorbendo il contatto del difensore. Canestro e fallo subito. And one.
Inizia così la sua partita. Una dimostrazione della sua consapevolezza e della fiducia nei propri mezzi. Ogni volta che inizia un contropiede, lo fa spingendo al massimo, sfruttando tutta la sua velocità. Gli assist per i compagni arrivano copiosamente. Se corri assieme a lui e ti metti in visione, la palla arriva sempre coi tempi giusti. Tutti vogliono giocare con il Generale. Quando è lui a concludere, invece, lo fa con estrema facilità e naturalezza. Per lui il “rookie wall” non è mai esistito.
Accelerazioni, visioni e grandissime letture di gioco.
Penetrazioni rallentate, sottomano creativi e triple brucianti.
A questo ragazzo non manca niente per poter diventare in futuro un grandissimo interprete di questo sport. Sa controllare il ritmo della partita e alzare il livello della sua intensità nei momenti più importanti. Le sue triple nel terzo quarto sotterrano Atlanta e scavano un solco insormontabile per i ragazzi allenati da Lloyd Pierce. Sacramento domina e vince nettamente per 146-115.
Fox termina con 31 punti (9/13 FG e 3/4 da tre) con 15 assist e 10 rimbalzi. Prima tripla doppia della sua carriera NBA.
Alla fine della stagione 2018/2019, i Sacramento Kings non centreranno i Playoffs (mancano dal 2006) ma chiuderanno con 39 vittorie, un numero molto significativo considerando le ultime deludenti stagioni della franchigia californiana. De’Aaron Fox ha svoltato la sua carriera in positivo molto prima di quanto si potesse supporre. Il suo modo d’interpretare la pallacanestro è in continua evoluzione e i dubbi riguardanti la sua futuribile leadership tecnica sembrano essersi dissolti.
Nonostante sia solamente al secondo anno nella NBA e, quindi, i suoi miglioramenti rispetto alla prima stagione potessero, per certi versi, essere prevedibili, il suo nome deve far parte dei candidati al premio di Most Improved Player. Non vincerà, probabilmente, ma merita di essere inserito all’interno della conversazione. La sua mano è destinata a scrivere pagine molto importanti per la storia dei Sacramento Kings.
Ora se ne sono accorti tutti.
Stagione ’17-’18
Partite giocate 73
Stagione ’18-’19
Partite giocate 81
Minuti 27.8
Minuti 31.4
Punti 11.6
Punti 17.3
Assist 4.4
Assist 7.3
Rimbalzi 2.8
Rimbalzi 3.8
FG%
41.2%
FG%
45.8%
Chi vincerà il MIP? Al momento i maggiori indiziati sono Pascal Siakam, mia personalissima scelta, e D’Angelo Russell. Per quanto riguarda il significato della vittoria, bè, quello lo lascio volentieri alla vostra interpretazione. Non è tanto la meta finale ad essere importante, quanto il viaggio, il percorso intrapreso per arrivarci. Tutte queste storie sono meritevoli di un riconoscimento e, se i loro protagonisti continueranno a lavorare duramente come hanno fatto durante questa stagione, prima o poi il lieto fine arriverà. Il basket sa premiare come poche altre discipline la resilienza e la perseveranza. Basta farsi trovare pronti.
“Good, better, best.
Never let it rest.
‘Til your good is better
and your better is best”.