“Se non avessi fatto il giocatore di basket, mi sarebbe piaciuto fare l’insegnante, magari il docente universitario”. Ricordo di aver letto una dichiarazione del genere, in un’intervista a Gigi Datome. E in effetti, anche già solo partendo dal suo account Instagram è facile capire l’atipicità di Luigi: non il classico profilo dello sportivo, ma consigli letterari e riflessioni di ogni genere, nei post dell’ala attualmente in forza all’Armani Milano. Il suo essere “originale”, nel senso buono del termine, ha inizio dal giorno della sua nascita. Sappiamo tutti che Gigi è sardo, per la precisione di Olbia. Ma, per una precisa scelta della madre, non nasce nel suolo di sa Sardigna ma in Veneto, per la precisione a Montebelluna, dove la signora Antonietta ha deciso che sarebbe venuto al mondo il fratello minore di Tullio Datome. Ma la vita del suo secondogenito avrebbe preso ben presto la strada dell’isola. E dei canestri.
1987.
L’anno di nascita di Luigi Datome è un anno molto prolifico soprattutto in campo letterario. Nell’anno in cui si affrontano per l’ultima volta alle NBA Finals i Los Angeles Lakers di Magic Johnson e i Boston Celtics di Larry Bird, infatti, Haruki Murakami dava alle stampe il suo famosissimo e bellissimo Norwegian Wood. Alan Moore e Dave Gibbons rivoluzionavano il mondo del fumetto supereroistico con il loro Watchmen, e in libreria si trovavano i nuovi romanzi di due futuri premi Nobel come Jose Saramago e Mario Vargas Llosa. Il titolo di disco più importante e celebrato dell’anno se lo giocavano The Joshua Tree degli U2 e Sign O’ The Times di Prince. In Italia, mentre la Divarese Varese chiudeva in testa la stagione regolare della Serie A1, a trionfare nei playoff scudetto era la Tracer Milano che aveva in rosa gente come Mike D’Antoni, Bob McAdoo, Dino Meneghin, Roberto Premier, Riccardo Pittis e Vittorio Gallinari, Raccontare la carriera di Datome attraverso la successione delle sue squadre, dei suoi successi, è esercizio già compiuto da altri, e tutto sommato culturalmente poco stimolante. Cercherò pertanto di coniugare nel racconto di questo giocatore due delle sue – e delle mie, lo confesso – passioni: pallacanestro e libri.
J. Michael Straczynski & Brent Anderson – Rising Stars

Il destino di cestista del fratello minore di Tullio Datome non può essere completamente quello del predestinato, non partendo da Olbia magari – diciamo che Bologna o Roma sarebbero stati dei punti di partenza più “facili” per una carriera nella palla a spicchi. Però Gigi è indiscutibilmente il 1987 più forte d’Italia, in quella generazione incompiuta dei nati nella seconda metà degli anni ottanta che in quattro annate consecutive è “sfociata” nell’approdo in NBA, da Bargnani a Belinelli a Gallinari a lui. Ma non corriamo troppo. Rising Stars è la perfetta storia da serie TV (creativi, ci leggete?): in una cittadina della provincia americana, si scopre che 113 bambini sono nati con poteri speciali, e che insieme hanno il potere di cambiare il mondo. Ce ne sono di più potenti e altri con abilità solo in apparenza futili, o secondarie, comunque meno appariscenti. Andando avanti nella lettura, però, si scopre che nessuno di loro può riuscire a cambiare il mondo da solo, ma che dovranno tutti unirsi per quest’unico fine. Gigi Datome nel 2002 ha quindici anni, e per la prima volta nella storia della pallacanestro italiana, costringe lo scudetto della categoria Allievi a prendere il traghetto e spostarsi dal continente alla Sardegna: gli anni della Dinamo Sassari sono ancora lungi dall’arrivare, e quello della Santa Croce Olbia è il primo titolo nazionale per la pallacanestro isolana, a qualsiasi livello. I cronisti dell’epoca, peraltro, scrivevano ancora il suo cognome staccato, Da Tome. La rosa dei primi cestisti sardi a laurearsi campioni d’Italia a qualsiasi livello era così composta: Paolo Azzara, Francesco Cordedda, Alessandro Deledda, Alessandro Docche, Giulio Fenu, Riccardo Fois, Luca Lombardi, Alessandro Pinna, Marco Piras, Alessandro Ziri, Francesco Desole e Luigi Da Tome. Uno rilegge un attimo e dice ok, Da Tome o Datome? Poco cambia. Ma c’è un altro nome che mi dice qualcosa. Aspetta un momento… Riccardo Fois? Ma sarà un omonimo? Vi tolgo subito dall’imbarazzo: no, non è un omonimo. L’attuale player development coach dei Phoenix Suns era compagno di squadra di Gigi in quella splendida avventura culminata col taglio della retina nelle finali di Bormio. Come nel graphic novel di Straczynski e Anderson, talenti complementari per cambiare il mondo insieme. Gigi Datome era solo la più splendente di un gruppo di rising stars.
John Fante – Chiedi alla polvere.
Arturo Bandini è il protagonista di un ciclo di quattro romanzi dell’immenso scrittore italo-americano John Fante, capace di influenzare direttamente o indirettamente artisti del calibro di Charles Bukowski e Vinicio Capossela. Il più famoso di questi romanzi è sicuramente Chiedi alla polvere, del quale nel 2006 è stato realizzato un adattamento cinematografico in cui a fare la parte di Bandini è Colin Farrell. Arturo Bandini è un giovane che insegue un sogno che in apparenza sembra troppo per lui: un giovane figlio di immigrati che si è messo in testa di fare lo scrittore, negli Stati Uniti al tempo della Grande Depressione. Per coronare il suo sogno si sposta dal Colorado, dove è nato da padre italiano e madre italo-americana, a Los Angeles, dove cadrà molte volte per poi, infine, rialzarsi e scoprire che il sogno è diventato realtà. Il giovane campione di basket si sposta dall’isola alla Toscana, dove approda alla Mens Sana Siena allenata da Charlie Recalcati. Non ha ancora 16 anni quando fa il suo esordio nella massima serie, contro la Scavolini Pesaro. Pochi giorni dopo il suo compleanno, arrivano i primi punti, 5 per l’esattezza, contro la Viola Reggio Calabria: una tripla e un 2-2 dalla lunetta. Difficile pensare che poi, col tempo, la Mens Sana che quell’anno vincerà il suo primo scudetto, gli avrebbe fatto prima assaporare minuti importanti (nell’ultimo anno di Recalcati, da diciottenne, stabilmente nelle rotazioni) e poi relegato ai margini con l’avvento di Pianigiani, più a suo agio con giocatori già formati, tanto da suggerirgli di cambiare aria, destinazione Scafati, per “farsi le ossa”. Alla fine del campionato 2007-2008, ironia della sorte il suo migliore fino a quel momento, Scafati retrocede in LegaDue, Quanto è lontana, la NBA, da Scafati, dalla LegaDue? Qualche mese dopo, Gigi Datome, passato nel frattempo alla Virtus Roma, arriva secondo in un concorso indetto da una nota marca di rasoi e chiamato “future champions”, alle spalle del calciatore Sebastian Giovinco. Ha appena 21 anni, perché dovrebbe smettere di sognare? Ma quanto può essere lunga una gavetta?
Stefano Benni – La compagnia dei celestini.
Il travolgente romanzo di Stefano Benni, pubblicato nel 1992, parla di giovani che scappano dal proprio destino per inseguire i propri sogni nella maniera più pura, rifiutando di piegarsi a chi, per profitto o interessi personali, cerca di contaminarli, e trovando nello sport l’essenza della propria felicità. Parte di questo libro si svolge in una città immaginaria che viene semplicemente chiamata “La Capitale”. Nella capitale, Gigi Datome ci resta per cinque anni: arriva come un giovane di belle speranze, se ne va da stella, MVP del campionato, leader di una squadra che dopo due serie di play-off vinte in gara-7 si presenta alla finale scudetto contro la Mens Sana, capace di sconfiggerla già nel 2008, l’anno prima dell’arrivo di Gigione, quando in maglia giallorossa c’era Dejan Bodiroga. Siena vincerà quello scudetto per 4-1 in una serie finale che avrà più di uno strascico polemico. Il titolo di campione d’Italia verrà poi revocato ai biancoverdi toscani, ma quello che contava davvero, per Gigi, era aver ridato alla Capitale, nei suoi cinque anni alla Virtus l’amore per il basket, quello stesso amore che si ha per la pallastrada quando si è bambini e non si pensa ancora alle brutture del mondo.
Boris Vian – La schiuma dei giorni.
Colin (non Farrell, giuro che è una coincidenza – o forse no?) è un giovane che vive in un mondo di fiaba, con tre amici: Chloé, Chick e Alise, e un maggiordomo che lo asseconda in ogni suo progetto, Nicolas. Colin vive una vita che non esiste, in un mondo che è insieme reale e fiabesco, dove le gioie ti regalano i più grandi sorrisi e i dolori sono così grandi da strappare il cuore. La schiuma dei giorni è una storia “totalmente vera, perché me la sono inventata da capo a piedi”. L’avventura in NBA di Gigi Datome è insieme fiaba e strazio: l’esordio alla prima partita, appena una comparsa, già un sogno che diventa realtà per quel ragazzo che aveva fatto il suo esordio in serie A1 con la maglia di Siena. La quarta partita, 10 punti a referto contro i Golden State Warriors che hanno già Curry, Thompson, Green e Iguodala ma anche Nemanja Nedovic e Ognjen Kuzmic. Il video di spogliatoio con Drummond che lo riprende mentre, barba lunga, capelli sciolti e braccia spalancate, gli dice “Lord, give me a sign” dopo che qualche giorno prima lo aveva ripreso, stavolta a testa bassa, dicendo “Jesus come to save us”. E in mezzo i tanti, troppi Did Not Play, Did Not Dress, Inactive. Sei giorni in G-League, giusto due partite, il ritorno al piano di sopra, lo scambio con Boston, dove Brad Stevens gli restituisce fiducia, facendolo anche partire in quintetto all’ultima partita di stagione regolare contro i Milwaukee Bucks.
Di là c’è un decisamente acerbo Giannis Antetokounmpo, Datome ne mette 22 ed è il miglior realizzatore di una partita che però non contava molto: entrambe le squadre già sicure di un posto ai play-off. Brad Stevens però vorrebbe convincerlo a restare, ma Gigi ha già assaporato abbastanza il proprio sogno fiabesco chiamato NBA: adesso l’unica cosa che ha senso è tornare alla realtà, agli allenamenti, al parquet.
Douglas Adams – Guida Galattica per gli autostoppisti.
Arthur Dent scopre, con scarsissimo preavviso, che la Terra sta per essere distrutta per favorire la costruzione di un’autostrada intergalattica. Decide così di accettare un passaggio dal suo vecchio amico, Ford Prefect, e vivere con lui e una serie di altri personaggi dai caratteri assai variegati una serie di avventure in giro per la galassia a bordo dell’astronave Cuore d’Oro. Quando Gigi Datome torna dagli States, il basket italiano non ha posto per uno come lui, ma non perché non vorrebbe, piuttosto perché nessuno pensa di poterselo permettere. Così Gigi fa rotta verso Istanbul, dove resterà per un altro quinquennio, vincendo tre campionati, tre coppe nazionali e soprattutto un’Eurolega, guidato insieme alla multietnica truppa giallonera dall’ammiraglio Zelimir Obradovic, che nei dizionari di lingua serba ha un suo ritratto accanto alla parola Побеђивати, che se il translate non ci inganna dovrebbe significare “vincente”. Da Istanbul ad Atene, a Barcellona, Madrid, Milano, Mosca, le avventure della banda battente bandiera turca si dipanano tra vittorie rocambolesche, capitomboli inaspettati, time-out epici e giocate spettacolari. In tutto questo, abbiamo parlato pochissimo dello stile di gioco di Gigi Datome, capace di giocare nelle due posizioni di ala, difensore solido, giocatore duttile e dal tiro affidabile, quando entra in campo lui sembra apparire la scritta DON’T PANIC che spesso riecheggia tra le pagine di Douglas Adams.
2020.
Le sue avventure lo hanno portato anche ad essere capitano della Nazionale Italiana, e adesso a vestire la maglia dell’Armani Exchange Milano, con la quale vuole tornare protagonista in Europa e, soprattutto, a chiudere un cerchio che si è aperto a Bormio nel 2002. Datome, che con la Santa Croce Olbia era un ragazzo prodigio, e che ha vinto un’Eurolega da protagonista e calcato i parquet della NBA, vuole vincere ancora, in Italia, prima di dedicarsi alle mille cose da fare oltre al basket. Perfezionarsi nel suonare la chitarra, per esempio, anche se sappiamo bene che questa è una sua dimensione molto privata. O leggere più libri, perché no? Ma non adesso, non subito: la carriera di Gigi Datome ha avuto tanti incipit, e ha ancora capitoli da scrivere. Non vediamo l’ora di leggerli.