Central Division
Chicago Bulls
Cleveland Cavaliers
Detroit Pistons
Indiana Pacers
Milwaukee Bucks
Chicago Bulls
Point Guards: Coby White, Tomáš Satoranský, Ryan Arcidiacono
Shooting Guards: Zach LaVine, Garrett Temple, Denzel Valentine
Small Forwards: Otto Porter Jr
Power Forwards: Lauri Markkanen, Patrick Williams, Thaddeus Young
Centers: Wendell Carter Jr, Christian Felicio
STARTING FIVE: Coby White-Zach Lavine-Otto Porter Jr-Lauri Markkanen-Wendell Carter Jr
Più che un riassunto della scorsa stagione occorre dire che Chicago, di quanto combinato negli ultimi 2-3 anni, nemmeno vorrebbe leggere e sarebbe bene se ne dimenticasse al più presto. Questo però può essere il primo anno di risalita della china in modo importante. Il neo GM Arturas Karnisovas ha fatto scelte poco appariscenti ma decisamente oculate, senza compromettere la situazione salariale del team e senza perdere pedine giovani e di talento, che di sicuro non manca a questo roster. Prima di tutto il coach, Billy Donovan. Ideale nello sviluppo di un gruppo dall’età media molto bassa, la prima vera novità è l’ex Florida Gators in panchina.
Dal draft a sorpresa è arrivato Patrick Williams alla numero 4, che pronti-via alla prima gara di pre-season ha mostrato un’innata capacità di mettere palla a terra unita a una notevole velocità di piedi e tocco morbidissimo, deliziando più di qualche scettico che ha avuto da ridire su una pick così inaspettata. Alla 44 invece, la bella storia di Simonovic ha trovato il suo punto più alto. Altra aggiunta, stavolta via mercato, è stata quella di Garrett Temple, guardia di esperienza e chilometraggio
Il talento, appunto. Coby White, Zach LaVine e Thomas Satoransky sono già un bel backcourt di partenza, anche se il ruolo della scelta n. 7 dello scorso draft è ancora tutto da definire: fuoco dalla panchina o tentativo di renderlo uno starter meno impulsivo e più ragionatore? Più probabile la prima, non potendosi la squadra ad oggi permettere l’accoppiata con LaVine, unico giocatore reduce da due stagioni di fila a 25 di media e mai All-Star nel frattempo. I tanti lampi di classe dell’ex T’wolves potrebbero in parte illudere chi non è abituato alla sua discontinuità e insofferenza che spesso emergono in partita. Sulla capacità di fare canestro e di volersi prendere responsabilità, spesso anche sbagliando ma senza paura, ci sono pochi dubbi. Markkanen (a proposito, sarà unrestricted free agent a fine stagione), Otto Porter e Wendell Carter Jr si divideranno i minuti negli spot di ali, con l’ex Wizards possibile chiave dello sviluppo del team nel breve termine.
LA STAR
Finchè è lì, l’uomo più importante della franchigia si chiama Zach LaVine. Firmato con un contratto relativamente basso per le cifre che è in grado di produrre (altri due anni da 19.5 milioni l’uno), l’ex Minnesota, se Donovan riuscisse a trovare un partner ideale capace di liberarlo da incombenze di playmaking per renderlo giocatore più efficace off the ball, potrebbe definitivamente esplodere e focalizzare il suo basket sulla carenze finora mostrate, difesa e attacco ragionato su tutto. Che la pazienza non sia infinita Zach lo sa. Come sa che una stagione di un certo tipo potrebbe portarlo a essere scambiato e non necessariamente per un contesto a lui congeniale e con così tanto talento da sgrezzare come questi Bulls.
SU CHI SCOMMETTERE
Da una scelta numero 4 è lecito aspettarsi un determinato rendimento e numeri di livello, ma il fatto che Patrick Williams abbia così brutalmente scalato posizioni rispetto a dove fosse previsto prima del draft renderebbe una sua solida annata una lieta sorpresa. È evidente che nelle intenzioni di Karnisovas il giocatore dovrebbe essere in grado, nel giro di 12 mesi, di prendere il posto di Otto Porter Jr (il cui contratto è in scadenza). Le sensazioni della pre-season sono ottime, probabilissimo che il suo ruolo oscillerà tra l’ala piccola e l’ala grande in quintetti più votati alla transizione per non far ragionare i tanti giocatori impulsivi contro la difesa schierata.
IL PRONOSTICO
No, non c’è lieto fine in questo pezzo riguardante i Bulls. Karnisovas ha avuto troppi pochi mesi per riorganizzare il comparto tecnico come avrebbe voluto, focalizzandosi nel breve termine ad un restyling del coaching staff e di altre pedine dietro la scrivania, ma è chiaro che questa sarà la stagione in cui tutto il roster verrà sezionato con la lente di ingrandimento. LaVine, Markkanen, Porter sono giocatori dai quali la franchigia si aspetta tantissimo ma che allo stesso tempo potrebbero finire sul mercato per accumulare pick interessanti. Cambiare in panchina è stato necessario per portare freschezza e nuove idee e il nome, come detto, è quello giusto.
Cleveland Cavaliers
Point Guards: Darius Garland, Dante Exum, Matthew Dellavedova
Shooting Guards: Collin Sexton, Kevin Porter Jr, Damyean Dotson, Charles Matthews, Matt Mooney
Shooting Forwards: Isaac Okoro, Cedi Osman, Dylan Windler
Power Forwards: Kevin Love, Larry Nance, Dean Wade
Centers: Andre Drummond, JaVale McGee, Thon Maker
STARTING FIVE: Darius Garland-Collin Sexton-Isaak Okoro-Kevin Love-Andre Drummond
Sembra di esser tornati ai tempi di Mistake on the Lake. L’anno scorso i Cleveland Cavaliers sono stati la penultima franchigia per efficienza difensiva dell’intera NBA, mostrando per gran parte della RS un atteggiamento svogliato e totalmente individualistico. La scelta numero 5 al Draft 2019 Darius Garland è parsa inadatta a convivere con Collin Sexton, il cui futuro oscilla a giorni alterni fra potenziale Gilbert Arenas e novello Brandon Jennings. Kevin Love non è stato scambiato, nonostante le numerose insistenze del campione NBA, ed è arrivato alla trade deadline, per motivi sconosciuti, Andre Drummond, un ulteriore centro ad affollare il già pieno reparto lunghi. I Cavs hanno così concluso la stagione ultimi nella Eastern Conference con un record di 19 vittorie e 46 sconfitte, consapevoli che la luce in fondo al tunnel è ancora molto lontana.
Esercitata la PO da 28.7M da parte di Drummond, i Cavs si sono concentrati su chi selezionare con la scelta 5 al Draft 2020. Per una squadra con gravi carenze in ala ed in difesa, la pick è facilmente ricaduta su Isaac Okoro, la SG/SF da Auburn che in NCAA si è affermata come una delle migliori ala difensive sulla palla. Okoro in realtà è un po’ più di un semplice difensore; al college ha mostrato letture interessanti ed un’innata capacità per arrivare al ferro, grazie anche ad un fisicità impressionante che potrebbe far ben sperare per il suo futuro NBA, anche se in un roster con pochissimi tiratori un altro starter con questa carenza potrebbe non fare benissimo. Beh, l’off season di Cleveland potrebbe riassumersi qui. La FA non ha portato alcun innesto di valore nell’Ohio, se non il romantico ritorno di Dellavedova e i vlog su YouTube di Javale McGee. Anzi, la squadra allenata da Bickerstaff ha salutato un altro dei protagonisti della cavalcata 2016, Tristan Thompson, accasatosi in quel di Boston. Quest’anno scadrà il contratto di Drummond ed i Cavs potrebbero approfittarne per essere attivi alla trade deadline, magari acquisendo uno di quei brutti contratti in giro per la lega in cambio di scelte future.
LA STAR
Kevin Love predica in mezzo ai laghi piuttosto che nel deserto. L’ex Minnesota ha più volte mostrato il suo malcontento al FO di Cleveland ma gli acquirenti per il nativo di Santa Monica scarseggiano. Sarà un’altra stagione di doppie doppie di media e outlet pass, in attesa che arrivi una squadra con ambizione ad assorbire quel contratto, magari spendendo la trade exception generata con altri scambi. Con tutti i limiti difensivi del caso, vedere Kevin predicare un altro anno nel nulla totale farà malissimo.
SU CHI SCOMMETTERE
Fra i tanti giovani che costituiscono la young core dei Cavs chi ha stupito di più è Kevin Porter Jr. La scelta 30 del Draft 2019 ha lasciato intravedere un discreto potenziale, se non fosse che ultimamente ha fatto parlare di sé più per ciò che ha combinato fuori dal campo che sul parquet. La curiosità rimane e Porter Jr potrebbe rappresentare una delle poche note liete della scorsa stagione dei Cavaliers.
IL PRONOSTICO
Non c’è molto da aspettarsi da questi Cavs; sarà lotta fino all’ultima partita di RS per contendersi il record di peggior squadra della lega. Il cambio di HC dello scorso anno ha tranquillizzato gli animi dopo le turbolenze della gestione Beilein ma a Bickerstaff viene chiesto soltanto di sviluppare il talento ed il record non ha alcuna importanza. Gli occhi del proprietario Gilbert sono puntati sui giovani del back court: da almeno uno fra Sexton, Garland e Porter Jr ci si aspetta un salto di qualità, mentre Drummond a caccia del contrattone tra 12 mesi potrebbe overperformare dandosi una mossa anche in difesa, dove a dispetto della presenza nel pitturato non è ancora quell’intimidatore che potrebbe diventare con un minimo di impegno in più. Il rischio dei Cavs comunque è che l’ennesima stagione perdente
Detroit Pistons
Point Guards: Derrick Rose, Killian Hayes, Saben Lee, Delon Wright.
Shooting Guards: Rodney McGruder, Dzanan Musa, Wayne Ellington, Svi Mykhailiuk
Small Forwards: Jerami Grant, Josh Jackson, Saddiq Bey
Power Forwards: Blake Griffin, Isaiah Stewart, Sekou Doumbouya.
Center: Jahlill Okafor, Mason Plumlee
STARTING FIVE: Killian Hayes-Delon Wright-Jerami Grant-Blake Griffin-Mason Plumlee
Sono ormai vaghi ricordi i tempi in cui lo storico speaker del Palace of Auburn Hills, John Mason, annunciava lo starting five dei Detroit Pistons alle Finals 2004. Anche la scorsa stagione i paladini di Mo-Town, nel frattempo trasferitisi alla Little Caesars Arena, hanno inanellato l’ennesima stagione di sconfitte, contraddistinta soltanto dalla rinascita di Derrick Rose e dall’addio di Andre Drummond. La franchigia del Michigan, perso quasi subito Blake Griffin per infortunio, si è contesa fino all’ultimo il 15° posto nella Eastern Conference, arrendendosi solamente dinanzi ai Cavs e ai negativamente sorprendenti Atlanta Hawks , e così la squadra di Casey è apparsa piuttosto dimenticabile per gran parte della RS, almeno fino all’ascesa di Christian Wood. Il centro girovago per l’Nba con i Pistons sembrava aver finalmente trovato il luogo dove far emergere tutto il proprio talento ma le decisioni del nuovo FO in questa strana FA hanno portato l’ex UNLV ad accasarsi ai Rockets post esperimento D’Antoni.
Ecco, il lavoro svolto dal neo GM Troy Weaver in questa off season può giudicarsi a metà. Se la notte del draft è parso muoversi piuttosto bene, con le scelte di Killian Hayes, Isaiah Stewart e Saddiq Bey a mostrare un’idea di squadra moderna e al passo con i tempi, lo stesso non può dirsi in FA. I giocatori acquisiti dal libero mercato hanno infatti immediatamente sconfessato quanto fatto in precedenza e in poco tempo Detroit è diventata lo zimbello della lega, accumulando nel giro di poche ore una quantità di lunghi difficilmente comprensibile per il basket del 2020. Le firme di Plumlee, triennale da 25M, e del redivivo Jahill Okafor, annuale al minimo salariale, sono andate ad aggiungersi alle trades per Tony Bradley, spedito poi a Philadelphia in cambio dell’immediatamente stretchato Zhaire Smith, e Dwayne Dedmon, anch’esso rilasciato pur rimanendo a bilancio. Decisioni che appaiono ancor più incomprensibili se confrontate con la scelta di non rinnovare il già citato Christian Wood. Ma il pezzo pregiato della off season dei Pistons è stata sicuramente l’acquisizione di Jerami Grant, la duttile ala da Denver che ha firmato un triennale da 60M. Nonostante l’interesse di diverse contender, Grant ha deciso di vestire la maglia di Detroit per avere maggiori responsabilità offensive, il che potrebbe lasciar presagire minori responsabilità e possibilità di crescita senza pressione per Hayes. Insomma Weaver pare avere le idee più chiare di quanto sembra dall’esterno, dando un’improvvisa sterzata ad un processo di rebuilding che da tempo tarda a dare i suoi frutti.
LA STAR
Chiunque abbia un minimo di affetto nei confronti dei Pistons incrocia le dita per la salute di Blake Griffin. L’ex Clippers rimane un giocatore, se sano, dal talento cristallino e dalla capacità di creare attacco in qualsiasi istante della partita. Data la carenza di creatori primari nel roster di coach Casey, è pertanto fondamentale che Griffin giochi più delle 18 partite disputate la scorsa stagione. Come per Kevin Love, è altamente probabile che tra le squadre con possibilità di incamerare pessimi contratti in tante si facciano avanti per dargli una chance comunque migliore di questi Pistons, nei quali sembra un pesce fuor d’acqua.
SU CHI SCOMMETTERE
Killian Hayes, a dispetto dell’età, è un giocatore che ha già calcato palcoscenici importanti in Europa. La PG ex Ulm dovrà dimostrare anche in NBA di esser capace di arrivare al ferro con la sua amata mano mancina e di saper creare per sé e per i compagni agendo da palleggiatore nella maggior parte dei PnR con Griffin. Le speranze sono più che legittime, nonostante le difficoltà che incontrerà nei primi mesi. La scommessa di Detroit è di farne un pezzo importante del futuro della franchigia.
IL PRONOSTICO
Qualsiasi indizio porta ad un’altra stagione perdente dei Detroit Pistons. L’ennesimo processo di rebuilding innescato da Weaver è ancora agli inizi e la probabile cessione di Rose in prossimità della trade deadline farà calare ancora di più il tasso tecnico di una squadra alla disperata ricerca di talento. Il record dipenderà molto dai minuti in campo di Blake Griffin: se l’ex Oklahoma dovesse vivere una stagione ancora tormentata dagli infortuni, i Pistons si giocherebbero ancora una volta il premio di peggior squadra ad Est con i Cavs e i Knicks; qualora invece Griffin dovesse trovare continuità, è probabile che Detroit finisca fra l’11° ed il 13° posto della Eastern Conference.
Indiana Pacers
Point Guards: Malcolm Brogdon, Aaron Holiday, T.J. McConnell
Shooting Guards: Victor Oladipo, Edmond Sumner, Justin Holiday
Small Forwards: T.J. Warren, Jeremy Lamb, Doug McDermott
Power Forwards: Domantas Sabonis, JaKarr Sampson
Centers: Myles Turner, Goga Bitadze, Amida Brimah
STARTING FIVE: Malcolm Brogdon-Victor Oladipo-T.J. Warren-Domantas Sabonis-Myles Turner
Indiana si è scontrata frontalmente con i propri demoni nella scorsa stagione, prima inseguendo con determinazione lo status di contender e poi infrangendosi contro i limiti evidenti del roster, complicati oltremodo dall’assenza di Domantas Sabonis nella “bubble” (oltre a quella di Jeremy Lamb) e dalla precaria condizione psicofisica di Victor Oladipo. Durante la regular season, la squadra di Coach Nate McMillan, silurato dopo la traumatica eliminazione per mano dei Miami Heat, aveva puntato tutto sulle qualità del figlio del grande Arvydas e del “Presidente” Malcolm Brogdon, scippato in estate ai rivali dei Milwaukee Bucks. Nella postseason, malgrado l’esplosione di T.J. Warren, autentica sorpresa nella bolla, la squadra è collassata su sé stessa. La mancanza di Sabonis e il “caso” Oladipo, protagonista di un clamoroso dietrofront riguardo la sua partecipazione alla ripresa della stagione, hanno acceso la miccia. Lo sweep subito contro Miami rappresenta un fallimento senza mezzi termini e ora la franchigia non può più esitare nella programmazione.
Indiana non si è mossa molto nel parco giocatori fino a questo momento. Gli indiziati principali per uno scambio, Victor Oladipo e Myles Turner, sono ancora saldamente al loro posto, impedendo di fatto ai Pacers qualsiasi operazioni di rilievo. Dipo, dopo i rumors che lo descrivevano insistentemente determinato a lasciare la franchigia, ha confermato di voler restare almeno fino alla prossima estate, quando scadrà il suo contratto (gli crediamo?), mentre per il centro classe ‘96 non sono giunte proposte allettanti. Dal Draft, in compenso, è arrivato un giocatore estremamente interessante: la guardia Cassius Stanley da Duke. La novità più significativa in casa Pacers rimane senz’altro la nomina a head coach del quarantacinquenne Nate Bjorkgren, ex assistente allenatore di Nick Nurse a Toronto. Una bella scommessa per il president of basketball operations Kevin Pritchard.
LA STAR
Dopo essersi guadagnato una meritatissima chiamata all’All Star Game, Domantas Sabonis vuole affermarsi come uno dei migliori lunghi della NBA. Il prodotto di Gonzaga University è migliorato costantemente sin dal suo ingresso nella lega e con la maglia dei Pacers ha trovato una perfetta contestualizzazione per le sue qualità umane e cestistiche. Passatore di livello superiore (McMillan l’aveva messo al centro del suo sistema offensivo), ottimo rimbalzista (doppia doppia sistematica) e, soprattutto, un’arma offensiva difficile da decifrare per gli avversari. L’anno scorso ha chiuso con numeri fantastici (18.5 punti, 12.4 rimbalzi e 5 assist di media) ma non è sceso in campo nel momento più delicato della stagione. Senza di lui, Indiana è crollata. Assieme a Brogdon, è il giocatore più determinante e condizionante della squadra.
SU CHI SCOMMETTERE
Potrebbe essere l’anno di Aaron Holiday, il più giovane dei tre fratelli presenti in NBA. Per lui la scorsa stagione 24.5 minuti di media e un impatto sempre positivo, specialmente uscendo dalla panchina. Piccolino (1.83 per 83 kg) ma tostissimo, Holiday è un ottimo creatore di gioco, virtuoso nel playmaking, soprattutto quando non deve interrompere il palleggio, affidabile dall’arco e rapidissimo nelle sue accelerazioni. I suoi numeri (9.5 punti, 2.4 rimbalzi e 3.4 assist nel 19/20) sono destinati a salire, così come la qualità della pallacanestro al servizio della squadra. Ad aiutarlo nella sua evoluzione, la convivenza con due maestri del ruolo come T.J. McConnell e Malcolm Brogdon, entrambi inesauribili fonti di conoscenza.
IL PRONOSTICO
“Sulla carta” o potenzialmente, come preferite, gli Indiana Pacers sono una squadra molto forte. Ottimo quintetto base, panchina profonda e difesa coriacea. Le incognite, però, sono molte e seguono l’onda lunga della brutale eliminazione subita nell’ultima postseason. Il recupero fisico e mentale di Oladipo e la rivalutazione tecnica di Turner sono gli obbiettivi principali del nuovo coach, che dovrà ripartire dall’ottimo lavoro firmato Nate McMillan e fornire alla squadra nuove e durature motivazioni. I Pacers devono tornare agguerriti e competitivi. La franchigia non può permettersi ulteriori battute d’arresto al primo turno di Playoffs.
Milwaukee Bucks
Point Guards: Jrue Holiday, D.J. Augustin
Shooting Guards: Donte DiVincenzo, Bryn Forbes, Torrey Craig, Nik Stauskas, Sam Merrill
Small Forwards: Khris Middleton, Pat Connaughton, Jordan Nwora, D.J. Wilson, Thanasis Antetokounmpo
Power Forwards: Giannis Antetokounmpo, Bobby Portis
Centers: Brook Lopez, Mamadi Diakite
STARTING FIVE: Jrue Holiday-Donte DiVincenzo-Khris Middleton-Giannis Antetokounmpo-Brook Lopez. Il primo posto praticamente indiscusso ad Est ha fatto seguito ad una eliminazione piuttosto mesta nei playoff per mano dei Miami Heat. Certo, la pietra angolare per il futuro della franchigia c’è ed è indiscutibile che si tratti di un punto di partenza grandioso, soprattutto per un mercato non primario di questa lega. Adesso per coach Budenholzer è però una sorta di ultima chiamata: dopo aver fatto vedere un gioco strepitoso con i suoi Atlanta Hawks ed aver dominato la regular season della Eastern Conference negli ultimi due anni coi Bucks, è giunto per lui il momento di portare una sua squadra al gran ballo finale. Nei suoi 7 anni da capo-allenatore, infatti, è stato per tre volte il migliore della conference in stagione regolare, ma ai playoff ha un record globale di 32 vittorie e altrettante sconfitte.
La trade con cui i Bucks hanno ceduto Eric Bledsoe (più George Hill e il rookie Hampton) per Jrue Holiday è stata dettata dalla stagione tutto sommato deludente del play ex Pacers unita a quella dell’ex Clippers, entrambi inadatti a svolgere quel compito di creators che poteva più di una volta sbrogliare la matassa quando l’MVP non aveva soluzioni contro le difese schierate. Il più grande “nuovo acquisto” dei Bucks è poi ovviamente proprio la conferma di Giannis Antetokounmpo, per nulla scontata e che ovviamente mette Milwaukee nel novero delle squadre di élite della NBA. Anche perché, oltre al frontcourt con Giannis, Middleton e Lopez, avranno buoni minuti di difesa anche sugli esterni sia da Holiday che dall’ex Nuggets Craig. Dal draft poi al secondo giro è arrivato un giocatore che potrà dare tantissima solidità, l’ex Louisville Jordan Nwora, reduce da due stagioni di alto livello in una conference supercompetitiva come la ACC.
LA STAR
La superstar è ovviamente lui, Giannis. Chiamato, dopo che gli ultimi mondiali FIBA e il defensive plan messo a punto su di lui da Erik Spoelstra agli ultimi playoff ne hanno messo in evidenza i limiti offensivi, ad implementare il proprio gioco con una maggior varietà di soluzioni. È comunque un bell’andare, se consideriamo che finora Antetokounmpo ha migliorato in ogni singola stagione le proprie medie alle voci punti a partita e rimbalzi a partita. Il tiro da tre e la precisione dalla lunetta vanno ancora sistemate, ma parliamo di un grandissimo lavoratore, quindi ci aspettiamo che continui a migliorare anche in questi aspetti del gioco. E soprattutto, che Budenholzer abbia il mente il piano B quando tutte le difese aspetteranno la sua star nel pitturato.
SU CHI SCOMMETTERE
La scommessa, visto l’addio a Bledsoe, Hill e Hampton (tre guardie) è la “promozione sul campo” di Big Ragù Donte DiVincenzo, dato come probabile starter da molti nello spot numero 2. Né lui né Holiday sono mai stati dei cecchini da oltre l’arco, il che, unito ad un sempre probabile ritiro di Kyle Korver, vede Middleton come miglior tiratore da tre punti dei Bucks (e NO, Brook Lopez non è un tiratore affidabile, è solo che prova tante triple ma le mette ogni tanto, per la precisione col 31,4%). Ecco, in una NBA dove il tiro da tre è sempre più di vitale importanza, i Bucks hanno ancora qualcosa da dimostrare da questo punto di vista.
IL PRONOSTICO
Arrivare primi ad Est per il terzo anno di fila è il minimo sindacale e molto probabilmente succederà. L’approdo alle Finals è, come detto prima, doveroso e al tempo stesso alla portata, perché i playoff 2020 ci hanno dimostrato ancora una volta come con una buona difesa le partite si possano portare a casa. Boston però è sempre lì. Miami pure. Toronto idem. Sarà dura, anche quest’anno, ma chi può dire quanto è migliorato davvero Giannis, finché non arriveremo alla postseason?