Joe Ingles e Patty Mills alle Olimpiadi di Tokyo 2020
Un abbraccio che sa di bronzo (Kevin C. Cox/Getty Images/FIBA)

Tutto quello che ci ha detto il torneo Olimpico di pallacanestro maschile di Tokyo 2020

Certo, la vittoria degli Stati Uniti in un torneo Olimpico per la prima volta senza spettatori sugli spalti da tutto il mondo. Ma anche molto altro.

25 luglio 2021, in Italia sono le 3 di notte. Hamed Haddadi e Jan Vesely saltano sulla palla a due: è iniziato il torneo di pallacanestro maschile alle Olimpiadi di Tokyo 2020. 7 agosto 2021, in Italia sono le 14:45 circa. Patty Mills fa scorrere i secondi palleggiando, mentre le lacrime di gioia iniziano a scorrere. L’Australia ha sconfitto la Slovenia 93-107: è appena terminato il torneo di pallacanestro maschile alle Olimpiadi di Tokyo 2020.

14 giorni ricchi di sveglie in orari proibitivi e partite da digestivo post-pranzo, aspettative confermate e sovvertite, giocate spettacolari e difese altalenanti. Due settimane di basket ad alto livello, di storie da raccontare e record destinati a rimanere negli annali di questo sport. Delle Olimpiadi che ci hanno fatto divertire, soffrire e incrociare tutte le dita possibili. E poi esultare, intristire, impazzire, tanto nella pallacanestro quanto negli altri sport, dove comunque la palla a spicchi trova il modo di entrare.

È stato un torneo di pallacanestro che ci ha dato tante sentenze, dai vinti ai vincitori: l’oro degli Stati Uniti, l’argento della Francia e il bronzo dell’Australia, ma anche la delusione al fotofinish della Slovenia o un’esperienza sottotono dell’Argentina. E il nostro quinto posto, che vale come una medaglia. Ma Tokyo 2020 ci ha dato anche altri spunti: ho cercato di raccoglierne alcuni.

Regolare le aspettative

A proposito di sentenze, una che risuonava già ben prima dell’avvio del torneo nipponico era sicuramente quella che vedeva la Nigeria di Mike Brown come una delle compagini da temere maggiormente nel corso di questi Giochi Olimpici. Io stesso vedevo Okogie e compagni in grado di giocarsi con l’Italia il secondo posto nel Girone B, lasciando in ultima posizione la Germania: mea culpa necessario, visto l’esito della terza spedizione olimpica nella storia della pallacanestro nigeriana.

Una squadra giovane, con un’età media di 25 anni e con pochi elementi con grande esperienza internazionale, tra cui il neoarrivato in casa Virtus Bologna, Ekpe Udoh. Una compagine a cui, appunto, è mancata la maturità propria solo di coloro che hanno già vissuto e assaporato un palcoscenico simile, contro le migliori Nazionali del mondo. Lo si è notato specialmente nei finali di partita, come dimostrano i parziali nei quarti quarti nelle sconfitte contro Australia, Germania e Italia:

  • vs 🇦🇺: perso 26-15;
  • vs 🇩🇪: perso 18-25;
  • vs 🇮🇹: perso 24-8.

Dopo l’ottimo percorso di avvicinamento a queste Olimpiadi, in cui è arrivata anche una vittoria contro i futuri campioni americani, la Nigeria ha pagato una gestione delle energie non eccezionale, con sforzi fisici e atletici troppo sostenuti nei primi 20′ di partita e dei finali di gara giocati senza lucidità. Se è vero che non è tutto oro quel che luccica, anche un decimo posto può nascondere notizie liete: se imparerà dagli errori commessi in quest’estate, la Nigeria potrà togliersi non poche soddisfazioni anche a partire da Parigi 2024.

Precious Achiuwa con la Nigeria alle Olimpiadi di Tokyo 2020
Precious is disappointed (FIBA)

Le Olimpiadi ci dicono che siamo vivi

Se l’Italia avesse concluso la sua avventura alle Olimpiadi di Tokyo 2020 uscendo sconfitta dal Girone B con Australia, Germania e Nigeria, in pochissimi (eccezion fatta per i soliti allenatori da divano) avrebbero gridato allo scandalo. Esserci era già stato un regalo stupendo, confezionato dai ragazzi di Meo Sacchetti con la vittoria al Preolimpico di Belgrado contro la Serbia padrona di casa. E invece, gli Azzurri ci hanno stupito ancora una volta.

Una squadra che non si è affidata al talento puro del singolo, ma che ha sfruttato nel migliore dei modi le capacità di ogni componente del gruppo. La difesa di Pajola, l’esperienza di Gallinari, l’atletismo di Mannion, l’esuberanza di Tonut. E poi la leadership di Melli, la maturità di Polonara, l’apporto di Vitali, Ricci e Moraschini, la presenza emotiva di Spissu e Tessitori. Ma, soprattutto, la classe fenomenale di Simone Fontecchio: dopo l’exploit al Preolimpico, si è confermato ad altissimi livelli anche nella sua prima partecipazione alle Olimpiadi.

Bisogna ripartire da lui per aprire un nuovo ciclo di soddisfazioni con questa Nazionale, e pazienza se non arriveranno vittorie o medaglie. Se quest’estate è stata la più memorabile nella nostra storia sportiva, è anche merito dei ragazzi dell’Italbasket, guidati da un tecnico che ha coronato un sogno: non smetteremo mai di ringraziare Romeo Sacchetti da Altamura.

Un'esultanza dell'Italia a Tokyo 2020
L’Italia chiamò (FIBA)

Dovete guardare la Liga ACB

I grandi protagonisti che sono saliti sul podio (e non solo, se pensiamo a Luka Doncic o Ricky Rubio) al termine di queste due settimane di pallacanestro a Tokyo 2020 giocano nel campionato più famoso e competitivo sulla faccia della terra. Tutti i 12 (più Coach Popovich) per gli Stati Uniti, Fournier e Gobert per la Francia, Patty Mills, Joe Ingles e Matisse Thybulle per l’Australia: giocatori NBA a farla da padrone.

Una particolare circostanza che è rimasta fuori dalle luci dei riflettori, però, è stata la presenza ai piani alti di questo torneo Olimpico da parte di giocatori che nella prossima annata militeranno in Spagna (non esclusivamente di nazionalità spagnola, vedi Abrines, Abalde, Claver…). L’esempio lampante è Zoran Dragic, in attesa di un rinnovo di contratto per continuare a vestire la maglia del Baskonia, che si è dimostrato un ottimo sparring partner di Doncic (specialmente nei quarti di finale contro la Germania), senza far rimpiangere più di tanto suo fratello Goran. Pensiamo a Mike Tobey, americano di nascita ma naturalizzato sloveno, elemento fondamentale nei meccanismi della squadra di Sekulic, partner ideale nel P&R con Doncic: nelle sei partite disputate in Giappone, il centro di Valencia è risultato il miglior rimbalzista dei Giochi (10.5 a partita), ha raccolto 3 doppie doppie e segnato 13.7 punti a gara. Anche il suo compagno (in club e Nazionale) Klemen Prepelic non ha sfigurato: stoppata decisiva subita da Batum a parte, per il 28enne svariate responsabilità offensive tramutate in giocate clutch e 15.5 punti a partita. Peccato, appunto, per quell’ultima azione contro De Colo e compagni.

A proposito di Francia, uno dei protagonisti di questo argento olimpico è senza ombra di dubbio Guerschon Yabusele. Reduce da una prima ottima stagione in Eurolega con la maglia dell’ASVEL e prossimo a vestire quella del Real Madrid, l’ex Boston Celtics si è dimostrato un tassello imprescindibile nel puzzle di Vincent Collet, al di là dei numeri non esattamente esaltanti. Possibilità di difendere su più ruoli e spesso presente a rimbalzo, il numero 7 ha mostrato un tiro dalla media/lunga distanza in netto miglioramento rispetto al passato. Buoni anche gli apporti di due suoi compagni d’avventura a Tokyo che ritroverà nella capitale spagnola: Thomas Heurtel e Vincent Poirier.

Per tre inediti elementi dei Blancos, ce n’è uno che lascia la squadra di Pablo Laso per vestire il blaugrana: Nicolas Laprovittola, che nella prossima stagione giocherà agli ordini di Sarunas Jasikevicius, è stato uno dei (pochi) fasci di luce per l’Albiceleste. In grado tanto di far rifiatare quanto di affiancare Facundo Campazzo, ha dato il meglio di sé contro la Spagna: career high con la Nazionale (27 punti) e tanta pericolosità dal perimetro. L’Argentina dovrà ripartire anche da lui, ma ne parliamo dopo.

Infine, il grande leader azzurro. Tutti pensavano potesse essere Danilo Gallinari, o Nicolò Melli, ma la scena se l’è presa tutta Simone Fontecchio: medie da 18 punti (con il 50% dall’arco), 3.3 rimbalzi, 2 assist e 1.7 rubate a partita, una sicurezza inedita nei propri mezzi e la consapevolezza di puntare all’élite della pallacanestro europea. Nella prossima stagione seguirà i consigli di Dusko Ivanovic a Baskonia, dove negli ultimi due anni Achille Polonara ha avuto una crescita esponenziale: sinceramente, non sto più nella pelle.

Mike Tobey con la Slovenia alle Olimpiadi di Tokyo 2020
Letteralmente l’uomo in più per la Slovenia (FIBA)

Sveglia presto alle Olimpiadi

Siamo cresciuti con l’NBA, che ci ha costretto fin dalla giovane età (e continueremo con questa stancante ma fantastica abitudine a lungo) a svegliarci nel cuore della notte per godere dello spettacolo offerto dai campioni sui parquet americani, specialmente dall’inizio dei playoff in poi. Dunque il fuso orario di Tokyo, che ci vedeva indietro di 7 ore rispetto al Giappone, non ha creato traumi troppo dolorosi. Ma la gavetta fatta con le sveglie per l’NBA non trova spazio in questa narrazione tanto quanto la bellezza che ci è stata offerta nel corso del torneo Olimpico. Qualche esempio con annessi orari italiani?

  • L’esordio dell’Italia contro la Germania, con una rimonta epica fino all’82-92: palla a due alle 06:40;
  • La schiacciante vittoria della Slovenia 100-118 contro l’Argentina, con la seconda prestazione realizzativa di sempre da parte di quel fenomeno che prende il nome di Luka Doncic: palla a due alle 06:40;
  • Il riscatto della Germania e la sconfitta psicologicamente più pesante per la Nigeria, in un 92-99 da leccarsi i baffi: palla a due alle 03:00;
  • La vittoria decisiva per il passaggio del turno dell’Italia contro la Nigeria 80-71: palla a due alle 06:40;
  • Il quarto di finale tra Spagna e Stati Uniti, con la rimonta americana fino al risultato finale di 81-95: palla a due alle 06:40;
  • La prima semifinale, tra USA e Australia, vinta da KD e compagni 97-78: palla a due alle 06:15;
  • La finale per l’oro, con una programmazione televisiva spiccatamente adatta al pubblico americano e un po’ meno agli spettatori europei: 82-87 per gli USA sulla Francia, con la palla a due alle 04:30. Sì, avete letto bene.

Insomma, per godersi al 100% lo spettacolo dei Giochi Olimpici a Tokyo 2020, avete riportato la mente alle sveglie che avreste voluto posticipare prima di andare a scuola. Ma l’occasione era talmente ghiotta che non vi siete mai svegliati così poco assonnati. Se ciò non è accaduto, avete un’occasione per redimervi: l’on demand esiste per un motivo, no?

Luka Doncic con la Slovenia alle Olimpiadi di Tokyo 2020
Shadows around Luka (FIBA)

Metamorfosi FIBA

Prendiamo le prime sei classificate in questo torneo Olimpico di pallacanestro: USA, Francia, Australia, Slovenia, Italia e Spagna. Per almeno 3 (ma anche una in più) di queste Nazionali, abbiamo osservato un fenomeno particolare, ma che al contempo non ci ha lasciato fin troppo sorpresi: la metamorfosi dei propri leader, che in campo FIBA diventano figure imprescindibili a livello globale. Fournier per la Francia, Mills per l’Australia e Rubio per la Spagna. Volendo si può inserire anche Luka Doncic ma, come per Kevin Durant, si tratta più di una conferma che di una vera e propria trasformazione.

Per avvalorare questa tesi, diamo un’occhiata ai numeri dei tre sopracitati nel corso dell’ultima stagione NBA:

  • Evan Fournier con gli Orlando Magic e i Boston Celtics: 17.1 punti, 3 rimbalzi e 3.4 assist, con il 45.7% dal campo e il 41.3% dall’arco;
  • Patty Mills con i San Antonio Spurs: 10.8 punti, 1.7 rimbalzi e 2.4 assist, con il 41.2% dal campo e il 37.5% dall’arco;
  • Ricky Rubio con i Minnesota Timberwolves: 8.6 punti, 3.3 rimbalzi e 6.4 assist, con il 38.8% dal campo e il 30.8% dall’arco.

Ora spostiamoci dal suolo statunitense all’avventura dei condottieri di Francia, Australia e Spagna nelle ultime due settimane:

  • Evan Fournier con la Francia: 18.2 punti, 3.2 rimbalzi e 2.2 assist, con il 47.1% dal campo e il 38.9% dall’arco (ma rispettivamente su 1.1 e 1.3 tentativi in più a partita);
  • Patty Mills con l’Australia: 26.8 punti (soprattutto grazie ai 42 (!) contro la Slovenia), 3.5 rimbalzi e 6.5 assist, con il 42.5% dal campo e il 34% dall’arco (ma rispettivamente su 12.8 e 5.5 tentativi in più a partita, non esattamente la stessa cosa);
  • Ricky Rubio con la Spagna: 25.5 punti, 3.5 rimbalzi e 6 assist, con il 52.2% dal campo e il 47.8% dall’arco (ma rispettivamente su 9.9 e 2.7 tentativi in più a partita, vale lo stesso discorso fatto per Mills).

L’evoluzione, però, non si ferma solamente al rendimento statistico, che talvolta può trarre in inganno. Credo che Fournier, Mills e Rubio, infatti, si siano dimostrati decisamente più preparati sul campo rispetto alla stagione NBA grazie a un qualche tipo di fattore psicologico. La spinta a dare di più per coronare l’obiettivo di una medaglia olimpica, qualunque sia il suo metallo. E se il transalpino e l’australiano hanno scritto la storia delle proprie compagini, per lo spagnolo ci sarà nuovamente bisogno di tirarsi su le maniche.

Ricky Rubio con la Spagna a Tokyo 2020
Ripartire da Ricky (FIBA)

Renovación dorada

L’ultimo spunto sul rendimento alle Olimpiadi di Ricky Rubio offre un’ulteriore chiave di lettura che ci hanno consegnato questi Giochi Olimpici: Spagna e (soprattutto) Argentina sono arrivate a un punto di non ritorno. Rispettivamente nelle sfide contro Stati Uniti e Australia, infatti, i fratelli Gasol e Luisito Scola hanno detto addio alla Nazionale, chiudendo un ciclo che perdurava fin dall’inizio del terzo millennio. Una parentesi vissuta sempre ai piani alti della pallacanestro mondiale, subito dietro e talvolta davanti agli Stati Uniti, che però doveva fisiologicamente osservare un giorno 0 da cui ripartire. La domanda, però, sorge spontanea: riusciranno a ripartire?

Partiamo dall’analisi sulla Nazionale iberica. La squadra guidata da Sergio Scariolo ha chiuso i Giochi Olimpici al 6º posto: non accadeva dal 2004, visto che a Pechino, Londra e Rio erano arrivati due argenti e un bronzo. Oltretutto, questa caduta arriva a due anni di distanza dal trionfo ai Mondiali in Cina. E ora, da chi si riparte? Proiettando lo sguardo a Parigi 2004, saranno solo tre i giocatori presenti a queste Olimpiadi sotto i 30 anni: Xabi Lopez-Arostegui (27 anni in Francia), Usman Garuba (22 anni in Francia) e Alberto Abalde (28 anni in Francia).

Si potrà comunque contare sull’apporto dei fratelli Hernangomez (Juancho avrà 28 anni, Willy 30), di Alex Abrines (31), di Victor Claver (35) e magari di un ultimo flamenco del Chacho Rodriguez (38), di Sergio Llull (36) e di Rudy Fernandez (39), a caccia della sua sesta Olimpiade consecutiva. Senza considerare i nuovi astri della pallacanestro spagnola: Santi Aldama, scelta numero 30 del Draft 2021, Carlos Alocén, futuro titolare nella cabina di regia del Real Madrid, e Joel Parra, in crescita continua a Badalona. Il protagonista della prossima spedizione olimpica della Roja, come anticipato in precedenza, dovrà essere Ricky Rubio: ha il carisma e la leadership per raccogliere il testimone di Pau e Marc, ha punti nelle mani e una delle visioni di gioco migliori al mondo e infine avrà la possibilità, a 34 anni, di giocare (forse) per un’ultima occasione ad altissimo livello con la sua Nazionale.

Lo sguardo al futuro dell’Argentina, invece, non presenta sfumature così rosee. In queste Olimpiadi hanno raccolto un 7º posto abbastanza risicato: si tratta della terza spedizione olimpica fuori dalle prime sei, un nuovo passo indietro dopo il fantastico argento ai Mondiali 2019. Ciò che spaventa maggiormente, però, è ciò che li attende: le possibilità di un concreto e incoraggiante ricambio generazionale, al momento, sono molto basse. Lo si può notare dando un’occhiata al rendimento della Nazionale argentina a Tokyo: a 41 anni, il migliore è stato senza alcun dubbio Luis Scola (19.7 punti e 5.3 rimbalzi a partita), senza un particolare supporto da parte dei compagni di squadra. Campazzo è sembrato nervoso e fuori forma dalla prima all’ultima gara, in cui contro l’Australia ha trovato 6 palle perse e un bruttissimo -31 di +/-. Vildoza è parso il fantasma dell’arrembante playmaker visto a Baskonia, Laprovittola ha alternato ottime prestazioni a gare scarne. I pochi a dare tutto fino all’ultimo? Marcos Delia e Gabriel Deck: troppo poco per competere ad alti livelli.

In più, il grosso problema di questa squadra è stata la mancanza di alternative: Caffaro e Bolmaro si sono dimostrati ancora troppo acerbi per un palcoscenico simile, Garino è arrivato alle Olimpiadi con pochissimi minuti nelle gambe, Brussino, Vaulet e Gallizzi semplicemente non sono armi temibili in uscita dalla panchina. È mancato tutto o quasi di quello che l’Argentina ci ha fatto gustare in passato: difesa sulla palla e contropiedi, i passaggi spettacolari di Campazzo e il pragmatismo di Vildoza, tanti giocatori interscambiabili. E al contrario di ciò che è stato detto sulla Spagna, i prossimi anni rischiano di essere avvolti da tante ombre. Ci si attende molto da Juan Manuel Fernandez, ma poi?

Pochi talenti all’orizzonte, un limitato apporto atletico e la concreta possibilità di non riuscire ad effettuare un ricambio generazionale che stiamo già osservando in altre Nazionali: gli Stati Uniti con una quantità strabordante di talento (Booker e Tatum su tutti), l’Italia con Mannion, Pajola e Fontecchio, l’Australia con Thybulle, Landale e il neoarrivato in NBA Josh Giddey sono solo gli ultimi esempi. Da Generación a Renovación Dorada il passo è breve: abbiamo bisogno di nuovi Ginobili, di nuovi Scola. Di altro basket, che queste Olimpiadi ci hanno fatto apprezzare dall’inizio alla fine.

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