È incredibile come due parole così lontane semanticamente possano, se traslate nel mondo della pallacanestro, avvicinarsi così tanto. Fuori dal parquet, un qualcosa di “glaciale” non potrà mai essere associato a una sensazione “bollente”. Guardate il primo quarto della finale di Basketball Champions League tra Tenerife e Manresa e fate uno squillo alla Treccani: Sasu Salin ha appena messo in discussione i vostri vocabolari.
- Primo possesso offensivo per i canarini, Dani Perez arriva in ritardo per l’uscita dai blocchi del finlandese, che si alza e spara. Tre.
- Prendete l’azione precedente e fate un CTRL+C, CTRL+V da tesisti in ritardo sulla tabella di marcia, con la sostanziale differenza che il close-out di Bako si trasforma in un corridoio troppo allettante per non essere splorato. Runner che si arrampica sul ferro. Cinque.
- Shermadini porta l’esperienza al comando con uno di quei blocchi perimetrali che solo i lunghi esperti a questo livello sanno eseguire, Thomasson si schianta e Salin non può far altro che dar continuità al suo tiro. Bang. Otto.
- Sempre dalla parte sinistra del campo, sempre uscendo dai blocchi e ancora una volta bucando la copertura difensiva di Manresa, spiazzata dall’assenza del 19 georgiano da quelle parti. L’assist schiacciato a terra di Fitipaldo lo mette in ritmo, il primo passo è ancora bruciante, Moneke allunga la mano destra ma la parabola è morbida e irraggiungibile. Dieci.
Sasu Salin è partito forte, fortissimo. Quando si alza dall’arco o con lo strappo sul primo passo che lascia piantato il difensore avversario è glaciale, come le temperature a casa sua; e se si mette in ritmo, esattamente come in questo 100% dal campo tramutatosi in 10 punti fondamentali per l’inizio di partita di Tenerife, è bollente come il respiro del Teide, il vero padrone dell’isola a cui Dante Alighieri avrebbe dedicato alcuni versi della sua Commedia. Si parla d’Inferno, ovviamente, metaforicamente paragonabile a quello che aveva passato il numero 10 sul parquet della Bilbao Arena due giorni prima di questo inizio lampo.
“Ne ho sbagliati alcuni in semifinale, quindi sentivo che dovevo segnare qualche tiro stasera”. Ha detto così al termine del trionfo su Manresa, ricordando la prestazione glaciale – sì, in quell’altro senso – contro l’Hapoel Holon: 6 punti, 2/8 dal campo con 1/6 dalla lunga distanza. Nell’atto conclusivo della Final Four di Basketball Champions League, il suo boxscore risulterà ben più interessante: 18 punti, 7/11 dal campo con 4/8 da tre.
La conquista del suo terzo trofeo con Tenerife (il secondo internazionale dopo la Coppa Intercontinentale 2020) è la ciliegina sulla torta di una stagione che lo ha consacrato come il miglior tiratore da tre punti nella storia della competizione: con 64 triple nella BCL 2021/2022 (record per una singola annata), si è portato a 144 complessive. Nessuno come lui, e forse sarebbe ora di considerarlo maggiormente nel dibattito attorno agli specialisti di questa caratteristica a livello continentale: “So di essere un buon tiratore. Quest’anno abbiamo giocato molto bene come squadra, il mio tiro ha aiutato molto. Sia in BCL che in ACB (dove ha tirato rispettivamente con il 45.4% e con il 40.5% dall’arco, ndr) ho dimostrato che sono abbastanza bravo a farlo. Non mi turba se le persone non mi considerano o non mi mettono nella lista dei loro migliori tiratori. Ho lasciato che i numeri parlassero da soli: so cosa sono capace di fare e sono felice se qualcuno lo menziona o se lo nota, ma è un mondo difficile dove ci sono così tanti bravi giocatori. Forse non sono il ragazzo più appariscente con giocate dal ball-handling incredibile prima del rilascio: non faccio cose folli, semplicemente tiro e di solito faccio canestro. Sono sempre pronto a prendermi qualche tripla”.

Sasu Salin aka Wannabe Iceman
Il Sasu Salin che oggi spegne 31 candeline è ormai un giocatore completo, che ama farsi inquadrare nella cerchia degli specialisti 3&D. I dati gli danno ragione, perché se per quanto riguarda i tiri da tre punti ha dimostrato più e più volte di essere un elemento ideale, nelle due sfide decisive nei Paesi Baschi ha anche collezionato ben sei palle rubate: cinque nella semifinale con Holon (con altrettante palle perse di Joe Ragland, suo avversario in marcatura) e una nella finale con Manresa, oltre a un’astuta giocata difensiva che vedremo nel dettaglio più tardi.
Si pensa che un ragazzo del genere, specializzatosi in maniera così specifica su un aspetto particolare del gioco, abbia avuto una passione innata per la pallacanestro, fin dai primi passi. Invece, sul piccolo schermo di casa Salin a Malmi, durante gli anni ’90, venivano trasmesse più partite dell’Ajax che dell’NBA: “Quando ero piccolo, non era così facile rimanere aggiornati su tutto quello che succedeva nel mondo della pallacanestro. Seguivo molto di più il calcio: Jari Litmanen era il mio idolo d’infanzia, anche più di qualsiasi giocatore di basket. Ecco perché ho scelto il numero 10 quando ero più giovane. Sono sport diversi, ma ho portato un po’ di calcio nella pallacanestro. Diciamo così”.
Quando qualche settimana fa ha postato una foto in compagnia della piccola Stella, la sua primogenita, indossando una maglia del Mozart della pallacanestro, la curiosità è emersa: “A volte si vedeva qualche highlights dell’NBA in TV, ma non posso dire che Drazen Petrovic fosse il mio idolo allora. Con il tempo, diventando più grande e con una disponibilità maggiore di sue partite online, mi sono innamorato del suo stile di gioco. Un giocatore pazzesco”. Chi passa dall’NBA e viene trasmesso sulla televisione finlandese a partire dal 28 giugno 2000, invece, è Hanno Möttölä: chiamato con la scelta numero 40 dagli Atlanta Hawks, è stato il primo finlandese a giocare su un parquet a stelle e strisce, ben prima dell’approdo sul suolo statunitense di Lauri Markkanen. C’è chi conserva un ricordo (o forse no?) di quell’altro profeta in patria: “Quando Möttölä fu chiamato da Atlanta, ricordo che andai in uno dei suoi training camp. Mi firmò una bottiglia d’acqua. Non so se mia moglie l’abbia buttata via!”, dice ridendo.
Hanno, però, non fu il primo connazionale a far appassionare l’attuale giocatore di Tenerife alla pallacanestro: “Quando ho iniziato a seguire molto di più il basket, i miei idoli erano Teemu Rannikko, che ha giocato anche in Italia (a Treviso, Reggio Emilia, Roseto, Pesaro e Varese ndr), e Petteri Koponen, che all’epoca militava nello stesso club dove ho iniziato a giocare in Finlandia, l’Espoon Honka”. Non c’è cosa migliore dell’emulare i propri idoli, e Sasu lo sa bene, visto che con i due di cui sopra, oltre che con Möttölä, ha condiviso la maglia della Nazionale di cui ora è uno dei leader indiscussi: “Ho sempre sognato di giocare per la Nazionale. Ho giocato insieme a Petteri a Honka, prima che andasse alla Virtus Bologna. Teemo e Möttölä erano grandi star a quel tempo e poi ho avuto l’opportunità di giocare con loro. Ragazzi fantastici, mi sono davvero divertito con loro e ho imparato tantissimo dalla loro esperienza”.

Quando gli si chiede quali panni di un altro finlandese avrebbe voluto indossare in un’altra vita, però, niente colleghi cestistici: “Se ci fosse la possibilità, sarei sicuramente come Kimi Räikkönen. Voglio dire, la carriera che ha avuto, la freddezza che ha. The Iceman è stato incredibile: non gliene frega un cazzo, di niente! Personaggio incredibile, ha fatto grandi cose per il nostro paese”. Vi assicuro che quando sono iniziati i festeggiamenti di Tenerife al suono della sirena, il risultato è stato diverso da un classico team-radio made in Räikkönen. Considerando la scelta di Sasu nei confronti del suo personaggio di una serie tv preferito, l’associazione con Kimi assume ancor più valore: “Penso che potrei essere Tyrion Lannister, il folletto, il piccoletto. Fa sempre piccole cose sporche per trovare il modo di avere successo”.
Un finlandese in Spagna
Dopo un tiro a giro di Jari Litmanen e una sgasata di Mika Häkkinen, nei pensieri di Sasu arrivano i grandi del basket americano e gli idoli connazionali a due passi di distanza. Tra questi, Teemu Rannikko, che dopo cinque anni in Italia si sposta all’Union Olimpija, dove vince campionato e Coppa di Slovenia, oltre alla gara del tiro da tre punti nell’All-Star Game nel 2006.
Un tiratore finlandese da quelle parti fa evidentemente bene, perché è proprio in biancoverde che Salin gioca la sua prima esperienza fuori da casa: “Penso che andare all’Union Olimpija fosse la cosa migliore che mi potesse accadere in quel momento della mia carriera. A 19 anni, ancora molto acerbo come giocatore, andare in un’organizzazione come Lubiana dove amano sviluppare e seguire i giocatori più giovani è semplicemente stupendo. Avevo avuto anche informazioni da Teemu Rannikko, che aveva giocato lì prima: non diceva nulla che non fosse buono sulla città, la squadra e l’organizzazione. A quell’età, era l’opportunità migliore per me”. Sul tavolo, però, c’erano anche altre offerte molto allettanti: “In realtà, quando stavo considerando il primo posto dove avrei giocato all’estero, la scelta sarebbe stata tra tre squadre: Union Olimpija, Skyliners Frankfurt e Virtus Bologna. Ma in quel momento è successo che sono andato a Lubiana: felice di questo, non posso dire nulla di male su quell’esperienza”.
Tra Eurolega ed Eurocup, il nativo di Helsinki ha modo di condividere il parquet con giocatori di assoluto livello. Nel periodo dell’NBA Lockout 2011, si unisce agli sloveni anche Danny Green, che in Eurolega si rende protagonista di una prestazione da 23 punti contro i polacchi del Prokom Gdynia. In quell’annata, Salin è ancora un giovane in uscita dalla panchina, dove impara molto da compagni che avevano o avrebbero avuto esperienze oltreoceano a curriculum: “Giocare con Aron Baynes, Davis Bertans, David Green e molti altri grandi giocatori è stato molto stimolante. Danny è arrivato con il Lockout, Bertans non ha avuto una grande chance all’Olimpija ma poi ha brillato con Partizan e Baskonia, mentre Baynes era un pazzo, un giocatore enorme fisicamente ma buonissimo. Allenarti con grandi giocatori intorno ti motiva a lavorare di più e più duramente”.

L’inizio della sua avventura spagnola arriva dopo cinque anni in Slovenia, dove colleziona 3 Coppe nazionali e lo status del tiratore affidabile in uscita dai blocchi. La possibilità di continuare a mostrare il suo talento in campo continentale giunge a Gran Canaria, dove Aito Garcia Reneses lo vuole come parte integrante del suo stile di gioco frenetico e fatto di tanti tiri in transizione. Un gioco libero, che avrebbe sperimentato anche nelle sue esperienze successive a Malaga e Tenerife: “Giocare e vivere in Spagna finora è stato bellissimo. Se avessi giocato prima in Spagna e ora nell’Union Olimpija, sarebbe sicuramente più difficile. Da giovane è necessario allenarsi e sbattersi di più, e in Slovenia eravamo in palestra due volte al giorno praticamente tutti i giorni. In Spagna hai più libertà, gli allenatori ti danno l’opportunità di portare in campo il tuo stile e quello in cui rendi meglio, piuttosto che seguire regole rigide come sono abituati, contestualmente allo sviluppo del settore giovanile, a Lubiana”.
A Gran Canaria arriva una Supercoppa di Spagna nel 2016, grazie ai successi su Baskonia e Barcellona, in cui è vitale l’apporto di Kyle Kuric sotto la guida di Luis Casimiro. Sono due anni in cui Salin inizia ad assaporare il gusto delle partite decisive, sia in campo europeo che nel campionato più talentuoso a livello continentale. Con compagni di squadra come Kevin Pangos e Alen Omic, arriva una sconfitta in semifinale in Eurocup per mano del Galatasaray di Errick McCollum, Vlado Micov e Stéphane Lasme, che avrebbe poi vinto la competizione. Bisogna leccarsi le ferite anche in Copa del Rey, perché il Real Madrid trascinato da Gustavo Ayón è troppo superiore per ipotizzare un upset. È un’esperienza importante per lo sviluppo di Sasu, in cui prende ancor più coscienza delle sue capacità realizzative: “Il sistema di Aito era molto semplice. Avevamo un paio di horns e diamanti per iniziare l’attacco, con alcune opzioni ulteriori ovviamente, ma voleva che fossimo molto liberi. Diceva sempre: “Quello in cui sei bravo, fallo sul campo”. Sono sempre stato un tiratore, quindi mi hanno incoraggiato a tirare ancora di più. Ma generalmente nessuno mi ha mai detto di non tirare. Kevin Pangos e Kyle Kuric si sono inseriti molto bene in quel sistema, e Kyle ha proseguito l’anno successivo con Casimiro. Sono dei grandi giocatori”.
Un viaggio ancora in corso ma che sta portando i suoi frutti, visto che per Salin “tra Malaga e le Canarie, la Spagna è stata incredibile per me e la mia famiglia”. Tra un vamos e un claro que si, la curiosità sul suo livello nella lingua emerge: “Il mio spagnolo è… ok. Ce la faccio, potrei essere più fluente ma sono anche un po’ pigro. Non riesco a capire tutto, dovrei studiare un po’ di più”. Dovesse esservi utile, però, Sasu Salin può spiegarvi per filo e per segno come preparare una sauna finlandese degna del suo nome: “Voi (ergo: qualsiasi non finlandese, ndr) usate la clessidra. Lasciatemi dire una cosa: non fatelo. Se andate in sauna, entrate e godetevi l’esperienza. Di solito dovete gettare dell’acqua calda sulle pietre. Si tratta di come ti senti, non devi controllare ogni minuto per quanto tempo rimarrai dentro. Riguarda la sensazione, non la quantità di tempo che trascorri lì dentro. Ma non ci sono trucchi, è molto semplice”. Facile, no?

La Finlandia di Sasu Salin
In tutti questi anni in cui il suo nome è diventato sempre più popolare ad alti livelli anche fuori dalla Finlandia, Sasu Salin ha potuto vestire i panni del protagonista con la sua Nazionale. Dopo averla condivisa con i suoi idoli d’infanzia, ora è il trascinatore della squadra, coadiuvato da Lauri Markkanen, attualmente in forza ai Cleveland Cavaliers ma non sempre presente nelle finestre in cui gli uomini del CT Henrik Dettmann, su quella panchina dal 2004, scendono in campo.
Oltre a Sasu Salin, sono diversi i finlandesi che si sono tolti qualche soddisfazione nell’annata cestistica che sta per terminare: Elias Valtonen era con Manresa dall’altra parte del campo nella finale di Basketball Champions League, Tuomas Iisalo ha vinto il premio di Allenatore dell’Anno in Bundesliga trascinando Bonn e Mikael Jantunen ha vinto il premio di Sesto Uomo dell’Anno in Belgio, collezionando anche alcuni preziosi minuti in BCL con Oostende. Qualcosa di cui andare fieri: “È molto bello vedere che i nostri ragazzi stiano facendo un lavoro fantastico. Giocatori come Valtonen e Jantunen stanno già mostrando il loro potenziale anche se sono nelle prime fasi della loro carriera. Parlando di Valtonen, penso che sia incredibile che sia passato dalla seconda divisione in Germania fino alla ACB e alla Final Four di BCL con Manresa. Era preparato per questo, sta facendo un lavoro incredibile. Il fatto che Pedro Martinez gli abbia dato l’opportunità di giocare è un enorme attestato di stima nei suoi confronti. Io ormai sono un vecchio decrepito (ride, ndr), quindi è bello vedere giovani ragazzi che si avvicinano sempre di più ai piani alti! Abbiamo un futuro molto luminoso davanti a noi con la squadra nazionale”.
Come anticipato, gli applausi vanno fatti anche a chi sta in panchina, come Iisalo e Lassi Tuovi, anche lui protagonista (anche di un episodio di Mic’d up) in BCL con Strasburgo e vice-allenatore della Nazionale finlandese: “Per quanto riguarda gli allenatori, la vittoria di Iisalo come Coach dell’Anno in Germania è assolutamente meritata: Bonn ha uno stile di gioco affascinante, Tuomas ha già fatto un ottimo lavoro con il Crailsheim Merlins ed era vicino a diventare capo allenatore dello Zalgiris Kaunas. Ha davanti a sé cose prosperose, proprio come Lassi Tuovi a Strasburgo. Abbiamo allenatori e giocatori molto bravi, nient’altro che ottimo materiale per la Nazionale”.
A fine giugno la Finlandia affronterà due sfide complesse contro Svezia e Croazia (che ha convocato buona parte dei suoi talenti migliori), mentre a settembre si gioca EuroBasket, nel Girone D a Praga con i padroni di casa della Repubblica Ceca, Serbia, Polonia, Israele e i Paesi Bassi di Maurizio Buscaglia. Un gruppo ostico, ma Sasu ritiene che abbiano tutte le carte in regola per superarlo: “È un girone difficile, ma abbiamo ottime possibilità di passare al turno successivo. Abbiamo mostrato nelle finestre precedenti che possiamo giocare contro grandi squadre, com’è successo con la Slovenia (vittoria esterna 79-83 con 4/8 dal perimetro di Salin, ndr): a loro mancava Doncic, ma noi non avevamo Markkanen. Abbiamo il potenziale e se ognuno si sacrifica per il gruppo, ci sono buone possibilità di andare anche più in là che mai”.

Dal ghiaccio ai vulcani
Oltre a essere una tessera chiave nel puzzle della sua Nazionale, Sasu Salin è ovviamente un elemento fondamentale per la Tenerife di Txus Vidorreta, che si basa su delle fondamenta esperte e solide, come Marcelinho Huertas e Giorgi Shermadini. Quest’ultimo ha trascorso ben sei anni con il finlandese: uno in Slovenia, due a Malaga e tre (and counting) a Tenerife. Quasi a pensare che Sasu trascorra più tempo a fare P&R con il georgiano che con le donne della sua famiglia, la piccola Stella e l’amore di sempre Kia: “Per fortuna non vedo Shermadini tanto quanto mia moglie (ride, ndr), ma più o meno siamo lì! Finora è stato divertente giocare con lui. L’ho incontrato nel mio primo anno fuori dalla Finlandia e abbiamo già giocato molti anni insieme. È un grande giocatore e un bravissimo ragazzo che rende il basket più facile per i suoi compagni di squadra. Penso che ciò che è stato costruito intorno a Gio e Marcelinho qui a Tenerife ha fatto sì noi altri possiamo interpretare meglio il gioco sul campo, rimanendo fedeli a quello che siamo. Aniano Cabrera, il nostro GM, ha fatto un ottimo lavoro da questo punto di vista”. E pazienza se con Wiltjer non abbiano trovato qualche cubano in spogliatoio alla Bilbao Arena: “Purtroppo io e Kyle non abbiamo trovato nessun sigaro”, dice ridendo.
In una delle partite più memorabili nella storia di questo club, la foto più significativa (quella in copertina di questo pezzo) ritrae proprio Sasu Salin, con un urlo che sembra gridare “vittoria”. Mi ha spiegato com’è andata: “Quella foto è stata scattata dopo che ho subito uno sfondamento da Moneke, più o meno a metà campo. Ci stavamo avvicinando alla fine della partita, erano gli ultimi minuti del quarto quarto. È risultato così impattante perché lo scontro è avvenuto con Chima, che è il protagonista di Manresa: è sempre stato un giocatore duro da affrontare lungo tutta la stagione. In quel momento ho sentito che eravamo molto vicini a vincere il titolo. Le emozioni hanno iniziato a venire fuori e qualcuno ha scattato una foto veramente bella, mi piace molto. È una delle foto preferite di me stesso”. Una di quelle da incorniciare per appendere in camera, o da mettere nell’album dei ricordi insieme a quelle di famiglia. E chissà che Stella non possa chiedergli dove fosse nel momento in cui veniva scattata, quanto avesse contribuito alla vittoria dei suoi: “È più difficile fare 18 punti in finale che essere padre, di sicuro! Mi piace molto stare con mia figlia e dopo la sua nascita ho accumulato già un paio di anni di esperienza. Ora sta arrivando il secondo, quindi sono già pronto anche per quello!”. Sempre in Spagna, sempre sull’isola.
Anche se per il futuro non chiude una porta al campionato italiano (“Quando ero più giovane, dicevo sempre che un giorno mi sarebbe piaciuto giocare in Italia. Non direi mai di no. Se arriva l’occasione, perché no? L’Italia è un grande paese dove giocare, ho incontrato molte squadre italiane in BCL, Eurocup o Euroleague ed è sempre stato entusiasmante”), infatti, è a Tenerife che vuole continuare a stare, perlomeno fino al termine della prossima stagione, quando scadrà il suo contratto.
L’obiettivo è semplice e risaputo: ripetersi, ancora, come fatto da San Pablo Burgos nel back-to-back in Basketball Champions League. Salin usa le parole perfette per esprimere questo concetto: “In un’organizzazione vincente come Tenerife, si pensa autenticamente alla prossima stagione, alla prossima competizione da vincere. Sono sei anni che dimostrano di appartenere ad un livello molto alto in BCL, che sia partecipando alle Final Four o lottando per il titolo, fino a vincerlo per ben due volte. Non c’è più bisogno di parlarne. Ci siamo goduti il momento in cui l’abbiamo vinto, ma siamo consapevoli che dobbiamo farlo di nuovo. Ciò che ha fatto Burgos negli scorsi anni, vincendo due volte di fila, è stato incredibile. Tenerife vuole unirsi alla lista e vincere di nuovo. Parlando del mio contratto, sono molto fiducioso qui e mi trovo davvero bene a Tenerife. Finora è stato il posto perfetto dove giocare e godersi la pallacanestro”.
Sciolto in campo come la lava sulla sua genetica da artico, incandescente quando prende ritmo e freddo nel decision making, fulmineo e rapace. Sasu Salin è dicotomico nel suo essere letale in campo, con la Finlandia e le Canarie si fondono perfettamente in un’identità glaciale, ma bollente. Dategli un’uscita dai blocchi e un pallone da sparare dietro i 6.75m: vi dimostrerà che non è complesso rendere sinonimi due aggettivi così distanti tra loro, dal rilascio al momento in cui la retina si muoverà armoniosamente avrà già cambiato un paio di leggi della fisica.
